Archives: Dicembre 30, 2015

Volando verso un magico capodanno…

Pronti per il tanto atteso capodanno? Immagino avrete già le vostre mutande rosse sgargianti (che come tutti sanno portano fortuna) e il vostro pacco da mezzo chilo di lenticchie, che in tempo di crisi non possono certo mancare… O no? O forse siamo un po’ troppo in là con i tempi per queste vecchie tradizioni… figuriamoci che influenza potrebbe avere un piatto di lenticchie sul nostro conto in banca.

Peggio della vecchia storia di Babbo Natale: questo vecchietto barbuto che vaga con la slitta e in una notte cala dai camini di mezzo mondo (senza per altro sporcarsi mai la barba e il vestito rosso) e porta a tutti i regali desiderati. Non ci credono più neanche i bambini!! Dai tre anni in su sono abbastanza scafati da iniziare a fare gli occhi dolci davanti alle pubblicità del nuovissimo modello lego star wars (o minipony alato che fa il doppio salto mortale), ovviamente a papà e mamma. E ovviamente a partire dai primi di dicembre. Perché è con largo anticipo che vanno fatti partire i messaggi subliminali pro-regalo, e scommetto che anche voi lo sapete bene! Nessuno aspetta più la vigilia di Natale per scrivere la letterina a Babbo Natale… che il 24 tutti i negozi sono stati già svaligiati da orde di barbari inferociti. E chi non vorrebbe essere certo di trovare dei bei regali sotto l’albero? Già… l’albero di Natale.

Quello pare duro a morire. Ci piace tanto con tutte quelle lucine… e a pensarci bene anche Babbo Natale non smette di comparire a destra e sinistra, nei cartelloni pubblicitari, alla televisione, per steada. Diciamocelo continua a starci simpatico in fondo. Che dite teniamo per buone anche le lenticchie e le mutande rosse? In fondo un po’ di magia ci vuole… sennò che feste sono? Alla fine anche noi esseri umani dell’era tecnologica non possiamo fare a meno della magia ed è bello concedercela…almeno qualche giorno all’anno! E allora largo alle tradizioni, e se in Messico le cose vecchie si buttano nel fuoco, in Cina si pulisce casa per tre giorni, qui da noi si buttano i cocci dalla finestra. Sempre i soliti esagerati oh! Vabbeh, magari questa di tradizione teniamola a livello metaforico, che i cocci sono duretti se cadono in testa.

E allora eccoci, mancano solo due giorni: preparate il sacco dei cattivi pensieri da buttare, metteteci un pizzico di malinconia, gli errori dell’anno, le compagnie e le serate che non ci sono piaciute, e una manciata di vecchie delusioni. Chiudete con cura e preparatevi a buttarlo nel fuoco o dove vi pare perché dal primo gennaio si ricomincia, con un sacco pieno di nuove idee, sogni e magia (ma sì, teniamocela per tutto l’anno la magia che può davvero farci comodo per far crescere i nostri sogni!)

E mentre Babbo Natale e la Befana vanno a comprarsi le lenticchie, anche noi andiamo a riempire i nostri sacchi, per tuffarci carichi di sogni e speranze in un meraviglioso anno nuovo! Auguriiiii!

(Chiara Crocianelli)


Nel curriculum c’è passione?

Trovare il proprio lavoro ideale non è facile. Ci metti anni per capire cosa vuoi fare. Poi altri anni per prepararti a farlo. E poi infine pochissimi anni per capire che forse hai sbagliato tutto e che non è poi così facile fare ciò che vuoi. Perché il mercato è fermo, c’è la crisi (anche se in vista del Natale la televisione precisa che la crisi è sospesa e ora puoi spendere i tuoi risparmi per i regali e darti ad un generoso ottimismo), e poi non sono più i tempi di una volta. Che bastava studiare e subito trovavi lavoro. Capirai oggi se non hai il supermegamaster alla Bocconi con plurimo riconoscimento e firma in calce del presidente della Repubblica sei sempre e comunque un invisibile poveraccio. Che quasi quasi rinunci anche prima di cominciare… perché mai dovrebbero venire a calcolare proprio te…perché proprio il tuo curriculum tra migliaia… Sì, giusto, il curriculum… quella specie di noiosa lista della spesa che per anni abbiamo imparato a compilare nel giusto formato. Quale formato? Quello europeo ovviamente. Che a farlo bene (con le specifiche relative a quanti peli aveva il gatto del tuo datore di lavoro) fornisce la miglior garanzia per non essere mai neppure chiamati per un colloquio.

Chi ha il masochismo necessario a leggere un intero CV europeo sicuramente non occupa posti di responsabilità nella selezione del personale. E cosa c’entrerebbe il masochismo? Beh c’entra molto. Perché quando ti guardi allo specchio e inizi a chiederti cosa davvero ti fa stare bene, salti automaticamente il 60% (almeno) di tanti passaggi che sembravano obbligati. Tra i quali l’elenco dei peli del gatto nella stesura del cv, o magari anche la ricerca di un costosissimo master in grado di darti l’unica chiave possibile per entrare in quel paradiso dorato popolato dai “degni di assunzione”. Perché prima di scrivere un CV o scegliere il corso migliore per te magari ti chiederai cosa davvero ti appassiona… e dove sta il terreno ideale per seminare i tuoi talenti e farli crescere al meglio. “Certo”, direte voi, “pare facile, senza poi neanche la firma del Presidente della Repubblica e la lista dei peli del gatto, voglio proprio vedere perché mai qualcuno dovrebbe notarmi o darmi un’opportunità!!” Beh, immaginatevi raggianti mentre avete trovato il vostro terreno ideale, e annaffiate la vostra piantina sprizzando luce e allegria al solo pensiero di quando sarà nata. Ecco, in quel momento probabilmente qualcuno vi noterà. E quando la pianta sarà cresciuta sarete voi ad aver creato la vostra opportunità. E gli altri verranno a cercarvi per scoprire quei frutti che sono solo vostri. Fantasie idealiste?

Eppure io giurerei che quelli che scelgono questa strada li riconosci a distanza. Perché non diventano ciò che fanno (tipo “sono un ingegnere perché ho deciso di fare l’ingegnere) ma fanno ciò che sono e per cui sono nati. E lo vedi subito che sono una cosa sola con il proprio lavoro, la propria arte, la propria passione, e hanno gli occhi di chi ha realizzato un sogno. Guardatevi intorno e aguzzate la vista… di sicuro qualcuno ne avete incontrato. Magari su un palcoscenico di un localino di periferia, venerdì scorso (e il riferimento non è casuale). Ma ce ne sono molti altri, più o meno visibili. E dovunque siano, su un palcoscenico, dietro a una scrivania, in una palestra, in mezzo alla natura…. sanno produrre dei frutti rari e preziosi. Voi non dareste un’opportunità ad uno così…?


Follemente…te stesso!

Una classica serata in piazza del Papa. Gente ai tavoli, gente agghindata all’ultima moda, in piedi ferma con l’immancabile sigaretta in mano, o seduta davanti ad un bicchiere. Ragazze e ragazzi che chiacchierano, sorridono. O si annoiano, con lo sguardo di chi pensa “eccoci qua, stessa piazza, stesse facce, stessa storia di ogni venerdì sera….” E poi ci sono quei tavoli che quando li guardi ti chiedi “oh, ma l’avranno teletrasportati qui dal divano e non se ne sono accorti..? “ Dev’essere così, perché non sembrano sapere di trovarsi ad un tavolo con altre persone, non notano il mondo circostante…lo sguardo fisso verso il basso, sotto il tavolo… devono essere senz’altro sotto ipnosi. Saranno stati gli alieni? Inizi a preoccuparti. E poi ti accorgi che sei il solito/la solita antiquato/a, peggio di Nonna Papera. Stanno semplicemente scorrendo le ultime news di faccialibro, o chiacchierando su whatsapp. Perché adesso funziona così, cavolo non lo sai? Non va più di moda chiacchierare faccia a faccia, fa molto più trendy la comunicazione via supermegaiphone. Che in effetti è così mega che ad usarlo come telefono sembra di parlare al citofono, quindi è chiaro che è stato concepito per chattare. Chiacchierate di mezz’ora senza neanche muovere il labiale, chi l’avrebbe mai detto solo una decina di anni fa. E con questa riflessione torni a sentirti Nonna Papera. E allora cerchi di inserirti nell’ambiente, ti accendi una sigaretta con fare assente, ordini un drink, chiacchieri con qualcuno, ma senza esagerare, ogni due o tre minuti ti assenti come da copione per controllare i messaggi che qualche amico lontano ti sta inviando. Bevi un po’, ma non troppo. Chiacchieri un po’, ma non troppo. Ti diverti un po’, ma decisamente non troppo. Sorridi, ti apri un po’, ti racconti, ancora decisamente non troppo. E finalmente ti rilassi e smetti di farti troppe domande: e che rottura se no, sempre a fà il bastian contrario, che vuoi di più dalla vita? In questo equilibrato (e un pochino noioso a dirla tutta) venerdì sera, ad un certo punto compaiono due figure inusuali: sono due anziani greci, vestiti in modo troppo inusuale. Iniziano a ballare una danza strana, con musica altrettanto strana. E ridono, fin troppo, sotto quei baffoni retrò. E mentre ballano si avvicinano, si abbracciano, saltellano, si divertono, decisamente troppo! Ecco, giusto quando ti eri adattato alla situazione e avevi smesso di farti domande. Un po’ come ieri, eri sulla strada per l’ufficio in una grigia mattinata lavorativa e compare il tizio al semaforo che balla più convinto di michael Jackson con in testa le cuffione da rapper. Come se  non esistesse nient’altro che la musica nelle sue orecchie. Come se nessuno lo stesse guardando chiedendosi perché dopo la brillante svolta della chiusura dei manicomi non c’è però nessuno a pensare a questi poveracci, o peggio, drogati. Lui però non si sente un poveraccio e neanche si droga. Neppure i due baffuti greci danzanti. Però se la ridono a crepapelle e si divertono un mondo. E allora improvvisamente butti la sigaretta, butti pure il drink e pure la giacca. E inizi a sballonzolare goffamente imitando quella danza strana che non conosci, tiri dentro qualche malcapitato e lo prendi sotto braccio anche se non l’hai mai visto, zompetti come un matto e soprattutto ridi, troppo, come quando ti viene il mal di pancia e ti manca il respiro. E che meraviglia, ora hai capito che non era la moda, non era la sobrietà, non era la piazza o la gente o l’Iphone o questa stupida città noiosa, solo quel maledetto giudice interno che continuava a impedirti di divertirti..troppo!! Evviva, che liberazione!!! Pensi mentre urli tra gli sguardi attoniti dei tuoi amici e ridi sguaiatamente e sgangheratamente. Che meraviglioso senso di libertà!!! E non hai neanche bevuto il tuo cocktail…A saperlo che la vita era così bella e facile yeaaahhhhh!!!!! yuppiii……. driiiiiiiiiiiin!!!!!!!! Come sarebbe a dire “driiiiin”??…che significa…oh no….La sveglia!!!!!!…. era un sogno, no… voglio tornare lì era troppo divertente….

Eppure, pensi, dipende solo da te. La libertà di essere follemente te stesso è lì dietro l’angolo…. e non ha bisogno di sostanze stupefacenti. Pensaci, per il prossimo venerdì sera….!!!!!

(Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti, NON è del tutto casuale)

Chiara Crocianelli – operatrice Informabus


Cambia che ti passa…

“Ma perché capita sempre a me??” “ Perché mai mi succedono sempre le stesse cose??”

Scommetto che almeno qualche volta vi sarete fatti questa domanda , sbaglio?

O magari questa domanda è proprio una di quelle cose che continuano a tornare come un mantra nella vostra vita..

Non temete non vogliamo proporvi un nuovo corso new age su come migliorare la vostra esistenza (il camper non è un luogo adatto per meditare purtroppo…)  e poi del resto, c’è chi nasce fortunato e chi sfigato. Ma perché sempre a me? Direte voi.. Beh è il destino, che ci volete fare. Rassegnamoci ad una serena accettazione zen di una immutabile realtà.

Oppure no?? Certo l’accettazione di noi stessi e della realtà è una dote fondamentale, imprescindibile direi. Eppure secondo alcuni c’è dell’altro. Tra questi “alcuni” c’è un mattacchione vissuto un centinaio di anni fa di nome Albert Einstein. La sua mente era talmente esplosiva che non riusciva neppure a pettinarsi i capelli.  Questo genio indiscusso ci insegna che “Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare sempre le stesse cose”.  Io ad uno come Einstein permetterei quanto meno di mettermi una pulce nell’orecchio. Ma allora se è così facile, perché non iniziare subito a cambiare qualcosa? E qui vi volevo. Provate a pensare a quanti pensieri e gesti ripetiamo ogni giorno senza neanche rendercene conto. Ci alziamo alla stessa ora, dopo aver maledetto allo stesso modo la sveglia, per poi mangiare le stesse cose, fare lo stesso tragitto…..“Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?” Recita una di quelle frasi che si scrivono volentieri sullo status di facebook. Diciamoci la verità, le abitudini sono peggio della carta moschicida, è fin troppo facile restarci attaccati. Per carità non hanno nulla di sbagliato, ma saper cambiare è importante. E a volte basta una piccola novità  inserita nella routine quotidiana per innescare un pensiero diverso. Cambiare qualche abitudine, fare un’esperienza nuova, ci aiuta a trovare un altro punto di vista, e riduce notevolmente le possibilità di annoiarsi. E noi sappiamo quanto la noia possa portare a comportamenti a rischio, perché diciamocelo, non è una gran compagna con cui  passare la giornata..e finisce sempre per trasmetterci quell’aria da “mai ‘na gioia”, come si dice. Ma possiamo anche evitare la sua compagnia, e non è troppo difficile! Provate per credere: visitate un posto nuovo, parlate con chi non avete mai parlato, cambiate bar di fiducia, fate una strada diversa per tornare a casa.. iniziate da una piccola cosa. E poi chissà che non ci prendiate gusto, perché quella sottile sensazione di stupore che ci coglie di fronte al nuovo è qualcosa che migliora l’umore, alza il livello dell’energia e dell’ottimismo. Ci porta a fare cose nuove e quindi ottenere risultati diversi. Insomma ci rende vivi e vitali. Lo diceva anche Neruda, che essendo un poeta e non un fisico,  la metteva un po’ più sul tragico rispetto al caro Einstein, ma gli splendidi versi di “lentamente muore” (…chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi..) sono passati alla storia.

E voi che ne pensate?? Avete già pensato a qualche piccolo cambiamento?

 

Articolo scritto da Chiara Crocianelli – operatrice informabus Ancona


EDUCAZIONE SESSUALE? SI’ GRAZIE!

A voi può interessare l’argomento? Ai tanti giovanissimi che salgono sul camper dell’Informabus sembra proprio di si! D’altronde i ragazzi e le ragazze ci riferiscono che a scuola spesso non se ne parla, oppure lo si fa superficialmente: ad esempio la prof. di scienze spiega l’anatomia dei nostri apparati genitali e riproduttivi, evitando però di interrogare, perchè sennò si scatenerebbe l’ilarità e l’imbarazzo…
Gli studenti e le studentesse che vengono a trovarci raccontano che vogliono sapere e discutere di sessualità, ma non sempre a scuola trovano degli insegnanti disposti a farlo. A volte ci viene riferito che l’argomento è stato trattato da qualche psicologa o sessuologa del consultorio, ma si tratta di casi isolati.
Difatti, a differenza di quasi tutti gli altri membri dell’Unione Europea, in Italia l’educazione sessuale non è obbligatoria; benchè i primi tentativi di formulare una legge in proposito risalgano addirittura al 1902, ancora oggi non ci sia riusciti. In altri paesi la situazione com’è? In Olanda si inizia ad affrontare il tema a scuola quando i bambini hanno 4 anni. In Danimarca la materia è obbligatoria dagli anni ’70, dal ”91 è inserita nei programmi di scuola primaria. In Austria l’educazione sessuale si insegna per legge dagli anni ’60 e i genitori sono coinvolti dagli insegnanti durante le lezioni.
Tornando all’Italia, se non si parla si sessualità a scuola, almeno a casa qualcosa si dirà! In fondo siamo tutti nati grazie al fatto che papà e mamma hanno fatto sesso! Che problema ci sarà a parlare un pò di queste cose con loro? Che ne pensate? Eppure quanto è difficile trattare quest’argomento, soprattutto se i genitori sono più imbarazzati dei figli. Quindi le informazioni relative alla sfera sessuale dove devono procurarsele i ragazzi? Tolte la scuola e la famiglia, rimangono la tv, i sempre poco frequentati librim gli amici, internet, spesso i siti porno.
Quali sono i risultati di questo atteggiamento di disinteresse per un argomento cosi importante per garantire la salute fisica e psicologica della popolazione, ridurre le gravidanze precoci e contrastare la diffusione delle malattie? Quanti hanno avuto informazioni corrette, da medici e insegnanti, riguardo alla sessualità? Quanti adolescenti pensano che il coito interrotto sia un metodo contraccettivo? Quanti sono convinti che i lavaggi con la coca cola possano funzionare come spermicida? Quanti/e ragazzi/e pensano che durante il ciclo mestruale non sia possibile rimanere incinta? Quanti/e che esista un vaccino contro l’Hiv?
Volete continuare cosi, a farvi del male? Oppure ci venite a trovare sull’Informabus? Vi aspettiamo!


Ti fidi di te?

Ti fidi di me?… Chiedeva un giovanissimo Leonardo di Caprio in quella scena famosa … mentre sorreggeva la sua amata fingendo di svolazzare sopra l’oceano..

Ti fidi di me?… Dice Aladdin a Jasmine prima di convincerla a saltare sul tappeto volante…

No… la scena successiva non è “ti fidi di me? Disse l’operatore dell’Informabus prima di alzarsi in volo sul camper…” Non stiamo, per il momento, girando un film… (se c’è un produttore in ascolto, ehm, possiamo sempre attrezzarci..)

Ma scherzi a parte,  quante volte avremo sentito o detto questa frase? Film o realtà che dir si voglia, la fiducia resta sempre una delle protagoniste principali… una di quelle cose che se c’è o non c’è fa la differenza, e te ne accorgi. Come uno di quegli invitati che se mancano alla festa, sai già che ti divertirai meno, e ti sembrerà di esserti perso qualcosa. Come andare al mare quando non c’è il sole… e fa anche troppo freddo per fare il bagno… non è la stessa cosa!

Per capirci, se la fiducia non fosse stata insieme a Jasmine ed Aladin, a quest’ora addio volo sul tappeto, che non è cosa da poco… Ma soprattutto, addio al fantastico duetto musicale.. “Il mondo è mio… il mondo e tuo…” ve lo ricordate?? “con le stelle puoi giocar, nessuno ti dirà che non si fa…” cantava Aladdin… Lasciateci essere romantici, perché questo davvero è il magico potere della fiducia. Quando senti che lei (la fiducia, non Jasmine) è al tuo fianco senti che il mondo è davvero tuo, scopri che è molto più bello e magico di quanto sembrava, e ti sembra di volare. No, calma, non si tratta del nome in codice di una nuova droga, la fiducia è qualcosa di molto più potente, ma non si può comprare… E allora come si fa???

Il buon Goethe diceva che “Se avete fiducia in voi stessi, ispirate fiducia agli altri”… e la cosa non ci sembra sbagliata… che ne dite? Del resto se Aladdin invece del suo sorrisone a 32 denti avesse avuto l’occhio sbarrato e la voce tremula mentre invitava Jasmine a volare su un tappeto… credete che lei lo avrebbe seguito..? E soprattutto, credete che sarebbe stato così felice là sospeso nel vuoto?

Insomma… sarà magari che dobbiamo cercarla dentro di noi questa insostituibile compagna di vita… per imparare a volare davvero? Certo non è facile, ma in fin dei conti, forse, siamo noi a decidere quanto spazio concederle. Siamo noi a decidere se lasciarci guidare da lei verso quella vocina che, nel profondo di noi stessi, sa sempre qual’è la strada che vogliamo davvero percorrere…

Come sempre se vi va vi aspettiamo sul camper per ascoltare la vostra opinione… e mi raccomando, abbiate fede: proveremo ad attrezzarci anche per il tappeto volante!!

…e tu, ti fidi di te??

articolo scritto da Chiara Crocianelli – operatrice informabus Ancona


E ora a chi lo racconto?

E ora questa cosa a chi la chiedo??!! A miei genitori??!! Non mi capirebbero mai…forse a Claudio, mmm no chissà dopo cosa penserà…

Capita spesso di avere una cosa da chiedere, magari delicata, e non si sa con chi parlarne. Noi stessi siamo già pieni di pregiudizi tanto da scartare la quasi totalità dei potenziali interlocutori.

Quello non ci capisce, quell’altro non lo sa, l’altro chissà cosa potrebbe pensare, chissà quali prediche mi tocca sentire…

Spesso con questo atteggiamento ci ritroviamo a non condividere quel problemino, quel dubbio che poi spesso si ripercuote in maniera negativa nel nostro comportamento.

Allora sarebbe bello pensare di poter parlare di un argomento, anche delicato, liberamente, senza aver timore di essere giudicato, di essere capito nella maniera sbagliata, solo così, solo per essere ASCOLTATO.

È proprio qui che probabilmente nasce un disagio, un comportamento a rischio, un atteggiamento non positivo per noi stessi.

Oggi siamo sempre connessi grazie al mondo virtuale, internet, whatsapp, facebook… i “social”che ci permettono di parlare di noi ad un pubblico vasto. Condividere un post, una immagine, un pensiero oggi è molto facile e abbiamo subito una sorta di “indice di gradimento” verificando quanti “like” abbiamo incassato.

Una vetrina a disposizione dove poter parlare di noi…

Ma cosa diciamo sui social, cosa cerchiamo di condividere? Sicuramente in qualche modo ci gratifica vedere che ci sia un mondo fatto di click che ci segue.

Ma poi quel problemino che avevamo all’inizio? Quella cosa che ci sembrava difficile da condividere? Quella cosa per cui ci piacerebbe davvero essere ASCOLTATI…?

Abbiamo bisogno di parlare, anche se a volte non ce ne accorgiamo nemmeno, e  quando ne abbiamo occasione non vorremmo smettere più. E’ importante, è necessario, è salutare…

Uno studio della Doxa dell’anno scorso ha proprio rilevato questo bisogno di parlare, di confidarsi negli adolescenti e la cosa apparentemente strana è che vedono comunque nei genitori la migliore occasione di dialogo e ascolto. È confortante che la famiglia sia ancora così importante. Voi cosa dite?

Ad Ancona comunque c’è un’occasione in più per essere ascoltato, per parlare con qualcuno che stia lì ad ascoltarti, senza giudicare. Gli operatori dell’Informabus, girano “fisicamente” per le strade della nostra città e ti aspettano sul camper per parlare, per ascoltare per scambiare qualche informazione su molti argomenti.

Non hai un dubbio anche tu?


E tu che mostro sei?

Dopo pochi giorni dall’avvento di streghe e stregoni, zucche (zucconi) vampiri e mostri di ogni genere… eccoci qua nuovamente nei nostri abiti quotidiani. Qualcuno sarà ora davanti ad un pc, qualcun altro chino sui libri per il prossimo esame (o la prossima interrogazione)… immagino ben pochi siano in questo momento alle prese con una pozione a base di ali di pipistrello e bava di lumaca. …E voi? Siete usciti indenni dai vostri mostruosi panni Halloweeniani?

Per quanto si possa polemizzare sul carattere commerciale o sulla non italianità di questa ricorrenza, il suo fascino resta ormai innegabile..

Possiamo confermarvelo anche noi di Informabus che eravamo presenti alla consueta festa organizzata dal Gulliver all’Università di Ingegneria: un tutto esaurito di mostri e mostriciattoli danzanti, cadaveri in ottima forma e vampiri festanti… divertimento assicurato!!

Ma da dove nasce questa tradizione?

Come molti di voi sapranno si tratta di una festa molto antica, che ha le sue origini nella cultura celtica. Per i celti infatti l’anno terminava il 31 ottobre, aprendo le porte ai mesi bui della stagione invernale. In questa data si celebrava quindi quella che era la festa più importante dell’anno, dedicata a Samhain: signore della morte e principe delle tenebre che chiamava a sé tutti gli spiriti dei defunti. Una celebrazione che serviva per esorcizzare antiche paure, e per celebrare l’incontro tra il mondo visibile e quello invisibile. Un incontro sacro che precedeva i lunghi mesi invernali, in cui ci si preparava a stare al chiuso, godendo del raccolto precedente, e raccontando storie.

Oggi, dopo più di 2000 anni, il mondo è decisamente cambiato.. l’invisibile probabilmente ci interessa meno, anche perché siamo già abbastanza impegnati in tutto ciò che è quotidiano e perfettamente visibile. Parliamoci chiaro: queste storie di fantasmi sono roba superata! Del resto solo i bambini hanno paura del buio da quando è stata inventata la luce elettrica! E se le streghe esistessero non se ne andrebbero certo in giro sulla scopa: un mezzo che al momento risulta decisamente poco trendy.

Ma allora perché ci piace tanto sfoggiare cappelli neri a punta e occhiaie stile zio Fester almeno una notte all’anno? A quanto pare l’incontro con l’oscurità continua ad avere il suo fascino…

Perché secondo voi?

Uno di quei tizi che di tanto in tanto amiamo citare diceva: nell’impossibilità di poterci vedere chiaro, almeno vediamo chiaramente le oscurità!” Questo tizio si chiamava Freud. Anche lui è un po’ retrò ormai… eppure forse non ha tutti i torti. Sarà che un po’ di questa oscurità ce la portiamo dietro nonostante tutte le lampadine accese? L’oscurità di una paura, di un’emozione che non ci piace e non sappiamo esprimere, di un disagio a cui ancora non abbiamo dato un nome, di una vocina che di tanto in tanto sembra ricordarci di ascoltarci un po’ più a fondo, perché dentro di noi ci sono ancora molte “zone oscure” o inesplorate. E allora Halloween forse è un momento per fare amicizia con quei mostriciattoli che abitano le nostre zone oscure, esorcizzando le paure in modo creativo e divertente… E, se così è, (tanto per tornare ai nostri temi) ci sembra anche un buon modo per fare prevenzione.. a patto ovviamente di starci con la zucca!!

Allora care streghe e cari stregoni in incognito, in attesa che sfoderiate nuovamente le vostre scope ultimo modello, vi aspettiamo sul camper!!!

Articolo scritto da Chiara Crocianelli operatrice Informabus


Dipendenze: che ne pensate?

Dal punto di vista delle cause si può dipendere patologicamente da sostanze stupefacenti (tossicodipendenza), in cui rientrano l’alcolismo, il caffeinismo e il tabagismo, da cibo (bulimia, dipendenza da zuccheri, disturbo da alimentazione incontrollata), da relazioni con una persona, da sesso (dipendenza sessuale, masturbazione compulsiva), da lavoro (work-a-holic), da comportamenti come il gioco (gioco d’azzardo patologico), lo shopping (shopping compulsivo), guardare la televisione, navigare su internet (internet dipendenza), giocare con i videogames.
Benchè esseri umani e topi condividano “solo” il 70% del codice genetico, spesso si sperimenta su questi animali; secondo uno studio per capire gli effetti di cocaina ed eroina 9 topi su 10 isolati in una gabbia scelgono l’acqua con la droga, piuttosto che quella senza.
Se però si amplia la gabbia, si mettono a disposizione delle palline colorate, cibo, gallerie nelle quali zampettare ed altri topi, nessun roditore muore, contro i 9 su 10 di cui sopra. I topi in compagnia usano circa 1/4 della droga dei loro simili isolati.
Pensate ora invece a quante persone a cui viene somministrata qualche droga pesante anche per mesi (in seguito a fratture del bacino per esempio), sviluppano una dipendenza; benchè la sostanza utilizzata in ospedale sia più pura e potente di quella che si può trovare per strada, nessun paziente, una volta dimesso dall’ospedale, va alla ricerca della droga.
Che si tratti di topi o di nostri simili, la questione non cambia: oltre all’effetto chimico sul cervello della sostanza (o di qualsiasi comportamento compulsivo che può dare luogo ad una dipendenza) dobbiamo considerare anche il contesto di vita; è questo che è fondamentale.
Qualunque categoria si prenda in esame, che si tratti di sostanze o di comportamenti da cui si diventa dipendenti, il contesto relazionale sembra avere grande peso nel tenere l’individuo lontano dalla condizione patologica.
Da un secolo circa i governi di quasi tutto il pianeta stanno portando avanti una guerra alla droga con cifre cresciute esponenzialmente investite nell’intento di far sparire le sostanze dalla circolazione. Nonostante ciò anche il consumo di droghe continua a crescere. E se non fosse questa la strada migliore da seguire?
D’altronde è più facile reprimere che affrontare il problema cercando di eliminare le cause che portano le persone a perdere il controllo della loro vita, ma è anche più efficace?
Esiste un’alternativa, voi che ne dite?
Quasi quindici anni fa il Portogallo aveva una delle situazioni peggiori di tutta Europa quanto a diffusione degli stupefacenti, con l’1 per cento della popolazione dipendente da eroina.
Avevano provato con la guerra alla droga, e il problema non faceva che peggiorare.
Così decisero di fare qualcosa di drasticamente diverso. Stabilirono di depenalizzare tutti gli stupefacenti, rinvestendo il denaro che prima spendevano per arresto e detenzione del tossicomane, e adoperandolo invece per rimetterlo in comunicazione – coi propri sentimenti e con la società più ampia. Il passo determinante è quello di assicurargli un’abitazione stabile e un posto di lavoro sociale così da offrirgli uno scopo nella vita, e una ragione per alzarsi dal letto.
Gli esseri umani hanno una profonda necessità di formare legami ed entrare in contatto gli uni con gli altri. È così che ci gratifichiamo. Se non siamo in grado di entrare in contatto con gli altri, c’è il rischio di entrare in contatto con una o più delle tante cause della dipendenza (polidipendenza). Abbiamo creato società umane all’interno delle quali isolarsi da ogni legame è più facile che mai prima d’ora.
Scrivendo quest’articolo per il blog dell’Informabus sto forse contribuendo paradossalmente ad isolarmi ed isolarvi? Allora passo e chiudo, ci vediamo sul camper, vi aspettiamo!


Liberi liberi siamo noi…

Che significato ha per voi la libertà?

Un concetto su cui centinaia di filosofi, studiosi, letterati e chi più ne ha più ne metta, hanno speso migliaia di parole e riflessioni. In centinaia di anni. E oggi? A furia di rifletterci su, dopo tutti questi secoli di studi, ormai dovremmo pur aver imparato a godercela questa libertà… che ne dite?

Eppure in tutto questo tempo la libertà ha cambiato “forme” e “abiti” a seconda delle epoche… probabilmente perché sia nella storia personale, che nella storia dell’uomo, la libertà è un qualcosa che va conquistato a piccoli passi, andando a riempire gli spazi tra le regole del vivere comune. Oppure semplicemente perché, come diceva un tale di nome Erich Fromm, “L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura.  Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi”.

Insomma, che confusione! Questa cara libertà appare più complessa del previsto: discussa, ma profondamente amata, tanto che un paio di secoli fa la Francia e gli USA hanno deciso di omaggiarla con una statua (e l’idea ha avuto un discreto successo, come saprete..!!). Pensate che lady Liberty con la sua fiaccola era la prima ad accogliere centinaia di migranti che avevano lasciato tutto nel loro paese, per tentare fortuna in nord America, per trovare là la loro libertà di costruire una nuova vita.

Se andrete ad Ellis Island, troverete un museo con le foto di questi migranti di allora (tra cui magari qualcuno dei nostri antenati: sicuramente tantissimi italiani!) e una voce narrante che vi racconterà storie di grande coraggio e sacrifici… Sono davvero racconti emozionanti!!

Certo è insomma che questa libertà non è e non è sempre stata esattamente a portata di mano.

Ma (vi chiederete) cosa ha a che vedere tutto questo discorso con noi dell’Informabus?  Volevamo prenderci la libertà di essere un po’ filosofi anche noi? Non esattamente..

Spesso infatti anche all’interno del nostro camper si parla di “libertà”: intesa a volte come libertà di rischiare, di andare contro le regole, di sperimentare magari sostanze o comportamenti illegali. Ed è sempre un discorso molto interessante, perché ci permette di riflettere con voi e ascoltare le vostre idee!

Insomma, potremmo forse dire che in questo mondo splendidamente complesso l’esigenza di libertà è da sempre sacrosanta per l’uomo, ma che  ci sono infiniti modi di viverla e sognarla. Tutti plausibili. Ma molto diversi.

C’è ad esempio chi vuole conquistare la propria libertà di rischiare, e chi rischia tutto per essere più libero..

Ma in tutta questa diversità… sapremmo riconoscere le libertà che ci rendono davvero liberi da quelle che possono renderci schiavi?

Tornando al caro vecchio Fromm (che la sapeva lunga) potremmo forse dire che per guadagnarci una porzione di libertà in più, dovremmo di pari passo avere maggiore consapevolezza e saper come affrontare i rischi che questa comporta..?

Che ne pensate?

 

Articolo scritto da Chiara Crocianelli, operatrice Informabus