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Una coppia da favola…

E vissero per sempre felici e contenti. Fu così per tutte le principesse delle favole. Una volta sconfitta la matrigna cattiva, la strega invidiosa, o qualche altro mostro di varie forme e misure, non restava che abbandonarsi alle braccia dell’amato cavaliere azzurro, e il gioco era fatto. Beh, in effetti ne avevano già passate di cotte e di crude prima, quindi ora era giusto rilassarsi un po’.  E pensando pure agli occhioni speranzosi di quei bambini che avrebbero ascoltato il suo racconto, l’autore, impietosito, liberava improvvisamente il mondo da ogni male. E dopo averci raccontato di un matrimonio felice e di streghe ormai liquefatte o sbruciacchiate, posava la penna e ci risparmiava il seguito. Altrimenti non sarebbero state favole! E non ci avrebbero permesso di sognare ad occhi aperti. E mantenere in noi almeno fino alla prima adolescenza quella fiducia meravigliosa nel grande amore eterno…in cui appunto vissero tutti felici e contenti per sempre. E magari è proprio per quello che il primo amore non si scorda mai…perché ci si arriva a cuore aperto, privi di tutte quelle armi e armature che si costruiscono dopo, quando ti accorgi che la magia non va automaticamente avanti da sola in eterno. E si sa che arrivare ad abbracciare l’altro davvero e abbandonarsi liberamente a ciò che sentiamo, quando si ha una bella armatura addosso (peso specifico proporzionale alle batoste che abbiamo preso) non è facilissimo!! Il fatto è che ad un certo punto inizi a chiederti…”ma cosa sarà successo a cenerentola dopo il matrimonio”? No perché alla fine lei e il principe si erano visti solo al ballo…ma in un’eternità insieme (perché “per sempre” dura un bel po’) magari si saranno anche incontrati in una giornata storta, senza smoking e scarpe di cristallo.. Magari dopo una sessione di caccia andata male (perché il principe non lavorava) e una litigata con la domestica che rompeva continuamente le porcellane a palazzo…E magari si saranno anche accorti un giorno che lei amava il valzer ma lui in fondo preferiva la samba… lei adorava la cioccolata e lui la creme brulée…E lei si annoiava a morte mentre lo aspettava tornare dalla caccia (e per questo era diventata vegetariana e lo faceva pure sentire in colpa) e lui non sopportava proprio di aspettarla 20 minuti scendere le scale (perché si ostinava a camminare con le scarpe di cristallo che proprio comode non erano). Una volta che iniziamo a scrivere il seguito della favola ci rendiamo conto che, dopo la magia iniziale, c’è anche tutto un percorso fatto di pazienza, rispetto reciproco, voglia di conoscersi l’un l’altro, di crescere insieme, e anche di accettarsi per come si è. Perché se i cari autori delle favole erano stati un tantino sbrigativi… la vita ci ricorda che la cosa più bella è il viaggio che facciamo giorno per giorno… e che tanto vale goderselo perché il finale non è scritto da nessuna parte. E più aspettative, convinzioni e paure ci portiamo dietro, meno saremo in grado di vivere a pieno questo viaggio. E poi, come diceva qualche inguaribile romantico, l’altro lo dobbiamo scegliere e riscegliere ogni giorno senza dare troppe cose per scontato. E in questa scelta ognuno ha le sue priorità….perché impariamo crescendo cosa ci fa stare bene e cosa no. Voglio dire, Bella di Twilight pur di stare con il suo uomo accetta una vita da vampiri (che nonostante Edward abbia il suo perché, deve limitarla un tantino…tipo che l’estate al mare se la scordano per esempio). Magari invece Cenerentola potrebbe essersi resa conto (nella favola non raccontata) che nulla la rendeva più felice che ballare il valzer a rallentatore (per via delle solite scarpe) ad una festa vegana. E dopo vari tentativi di trovare un compromesso magari il principe se ne è partito per il Brasile dove ora fa il ballerino di samba, mangia churrasco (grigliata brasiliana ndr) tutti i giorni, ed è felicissimo. Detto questo, non mi resta che augurarvi buon viaggio….e buona scoperta (di voi e dell’altro)…e qualunque strada il vostro cuore vorrà prendere, godetevi il panorama, e se ce la fate non state troppo a pensare alla meta.

C.C.


Piacere, sono il Dovere…

Prima il dovere, poi il piacere. Così si dice. E quindi per prima cosa ci occupiamo di tutte quelle incombenze noiose ma necessarie, tipo studiare, prepararci per un esame, terminare un lavoro.. e poi finalmente ci dedichiamo a quello che ci piace. Magari uscire con gli amici, suonare uno strumento, andare a fare sport.. insomma ciò che ci fa divertire e ci ridona il sorriso dopo ore e ore di duro lavoro. Certo, c’è chi la prima parte tende a saltarla volentieri a pié pari tutte le volte che gli è possibile.. magari studiacchiando il minimo indispensabile, o addirittura non presentandosi a scuola o agli esami elaborando fantasiose scuse o diabolici piani strategici. Ma a meno che questi strateghi del divertimento non siano figli di rockfeller, prima o poi dovranno comunque fare i conti con Lui: il temuto, terribile, noioso ma imprescindibile Dovere. Il Dovere è qualcosa che ad un certo punto entra a far parte delle nostre vite, e non se ne va più. Arriva piuttosto presto a dire il vero: abbiamo giusto qualche anno di tempo per blaterare suoni a caso senza che debbano avere senso, sperimentare tutte le espressioni e le pernacchie del mondo senza dover essere educati, muoverci nel modo più scoordinato e ruzzolare come ci pare e piace, senza dover avere una meta. E soprattutto, mostrare chiaramente a tutti, ad ogni secondo e senza mezzi termini, cosa ci piace e cosa non ci piace.  E se gli altri non ci ascoltano peggio per loro, probabilmente li convinceremo con urla simili ad ultrasuoni, in grado di trapanare il timpano più paziente e resistente. Quest’epoca folle e sconsiderata della nostra vita si chiama infanzia, e se pur con le sue comprensibili sfide, è un’epoca davvero bella.

E ti credo, direte voi, i bambini non fanno niente dalla mattina alla sera a parte mangiare e dormire e fare pipì e popò! Uhm…. ma ne siete proprio sicuri? Ci avete mai pensato alla quantità mirabolante di cose che si imparano nei primi anni di vita? Tipo ad esempio camminare, non è certo una cosa da poco. E poi parlare! Ci pensate? E senza andare a scuola! Si parte con qualche bibaba mama e prrr… e poi pian piano scappa fuori una parola e un’altra..fino ad un intero vocabolario. Ecco, la differenza è che nessun bambino di due anni, dopo aver sputacchiato il brodino e fatto due pernacchie pensa “ok, adesso facciamo i seri, devo studiare italiano, sennò qui quando imparo a dire a mamma che voglio il triciclo per Natale..?” Perché il bambino impara giocando, seguendo l’istinto e quell’innato senso del piacere che poi ad un certo punto (più avanti) inizia a fare a cazzotti con lui… il Dovere. Quell’incombente presenza che ci fa passare la voglia di fare qualsiasi cosa. E se riuscissimo a trovare quella formula magica che trasforma il dovere in piacere? E se riuscissimo a trovare il lato divertente di ciò che facciamo, ricordandoci che quando una cosa ci diverte ci viene sempre molto meglio? Insomma quel tizio lì, il dovere, ma cos’ha da guardarci con quella faccia grigia e cupa… ma non se la fa mai una risata?? Magari possiamo trovare un compromesso, fargli un po’ il solletico…. e da parte nostra provare a recuperare quella divertita serietà che hanno i bambini quando giocano: è solo questione di ritrovare quello sguardo, e tutto ci apparirà diverso e più divertente. Vale la pena provare, anche perché mantiene giovani, meglio di un centro benessere. Del resto “l’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare” (G. B. Shaw). Voi che ne dite??

C.C.


Natural-mente connessi…

Oggi vi parlo di benessere e lo faccio prendendo spunto da un mio viaggio in Kerala, sud-ovest dell’India! Si tratta di un luogo di un verde rigoglioso dove è possibile rilassarsi in mille modi. Ad esempio in spiaggia lasciandosi schiaffeggiare dall’oceano, magari gustandosi un cocco fresco che rischia di cascarti in testa direttamente dagli alberi. Altrimenti si può fare un giro su di una barca tradizionale in legno e corda lungo i canali sui quali si affacciano dei villaggi fuori dal tempo, dove le persone lavano i propri corpi, vestiti, stoviglie. Oppure ci si può inoltrare dentro la giungla in groppa ad un elefante! Oltre alla natura lussureggiante del Kerala, un’altra cosa che salta all’occhio è che si tratta di un posto in cui la spiritualità avvolge ogni cosa: gli innumerevoli templi dedicati alle varie divinità Indù catturano i sensi con i loro colori, profumi e musiche e canti. Come del resto in tutta l’India anche qua per rilassare la propria mente ed il proprio corpo si può praticare dello Yoga: Il termine Yoga possiede in sanscrito una vasta gamma di significati; semplificando il significato è «congiungere, unire». Cosa si unisce dunque nello Yoga? Il primo passo consiste nel ritrovare la perduta armonia e unione fra i diversi piani di cui siamo composti, fisico, mentale e spirituale. Nel senso più alto, poi, secondo la filosofia tradizionale, l’anima individuale, viene ricondotta al suo originario stato di congiungimento con l’anima universale e divina. Se l’uomo percorre la strada dello Yoga, è dunque destinato a non sentirsi più una cellula separata dal corpo o un’isola nell’oceano, ritrovando invece il senso di appartenenza ad una più vasta entità. Che ne dite lo yoga potrebbe aiutarci a trovare un po’ di benessere? Se non foste ancora convinti dei tanti legami tra il Kerala ed uno stile di vita salutare, si può aggiungere che questo piccolo stato è anche la patria dell’ayurveda. La medicina ayurvedica è un complesso sistema medico che comprende aspetti di prevenzione e di cura finalizzati ad allungare e migliorare la vita dell’essere umano in armonia con la natura. “Conoscere la vita” (ayurveda) significa capire che l’uomo, costituito da corpo e mente, sensi e anima, essendo parte integrante della natura al pari di tutte le forme viventi, è sottoposto alle sue leggi anche per quanto concerne salute, malattia, guarigione e morte. Per la medicina ayurvedica, dunque, equilibrio tra uomo e ambiente significa salute, mentre squilibrio sta per malattia. Tra i vari ambiti dell’ayurveda ricordiamo l’attenzione all’alimentazione e i famosi massaggi con oli preparati con erbe. Guardando i sorrisi, la tranquillità e la serenità sui visi delle persone sembrerebbe proprio che questo stile di vita fa stare bene le persone, nonostante il caos delle metrolopoli, la povertà! Certo non è che per coltivare il proprio benessere ed uno stile di vita sano sia necessario per forza visitare un posto come questo, però si tratta di un’esperienza che aiuta a riflettere sull’importanza del prendersi cura del proprio corpo, della propria mente e del proprio spirito. Se vi va di approfondire l’argomento vi aspettiamo sul camper!!

S.M.


E tu…ti piaci?

Specchio specchio delle mie brame… diceva la strega ogni santo giorno per avere conferma di essere lei, e solo lei, la più bella del Reame. Doveva avere qualche lieve eccesso di egocentrismo la poverina… nonché un serio e implacabile problema con la sua autostima. Un mix letale, che la portava ad estenuare il suo povero specchio (che essendo appunto uno specchio non poteva neanche darsela a gambe e mandarla a quel paese) con la stessa domanda, ancora ancora e ancora. Finché un giorno, lo specchio, davvero non ce la fece più, e rispose “basta cara mia, smettila con questa lagna, la più bella non sei tu, è Biancaneve”. Apriti cielo: un putiferio. Eh sì, perché la povera Grimilde non la prese molto bene questa storia di aver perso il primato, così, da un giorno all’altro. Per quella pallidina insignificante di Biancaneve poi, figuriamoci. Insomma il seguito lo conoscete già, Grimilde, perso il conforto dello specchio parlante, iniziò a sentirsi brutta, benché fosse comunque una donna niente male. Si sentì talmente brutta che ci diventò davvero, e si trasformò in una stregaccia di quelle classiche con la gobba e il bitorzolo sul naso. E così ridotta cercò di uccidere Biancaneve con una mela. Poveretta era andata proprio fuori di testa, roba da TSO immediato. Ma è una favola, che diamine. Tant’é vero che Biancaneve, come in ogni favola, era bella e quindi anche buona, e quindi ovviamente vinse sconfiggendo la cattiva stregaccia (che prima di stressarsi tanto era bella anche lei a dire il vero). Certe cose sono deliri che fortunatamente non appartengono alla realtà. Anche se… forse qualche litigio con lo specchio di tanto in tanto capita. Magari anche più che di tanto in tanto..? Beh, controllando le statistiche sembra proprio di sì. Sette donne su dieci tendono a non piacersi abbastanza quando si guardano allo specchio, e scommetto che non è una cosa che riguarda solo il sesso femminile. Pensate che addirittura è stata coniata la definizione di “Sindrome di Grimilde” per questo problema!! E pare non sia una cosa da sottovalutare, perché rischia di intaccare l’autostima, e portare a comportamenti rischiosi (come ad esempio diete incontrollate dannose per la salute). A chi non è mai capitato di sentirsi un po’ grimilde ogni tanto..? E allora….che fare? Non starete già preparando le mele mi auguro… non dimenticate che questa soluzione non è servita gran che alla povera matrigna. Che se invece di rodersi dall’invidia del confronto (che poi che cavolo ne sapeva lo specchio, voglio dire, neanche era mai uscito dallo scantinato quel poveraccio) l’avesse presa a ridere, o avesse consultato uno psicologo, magari sarebbe andata a fare shopping quel giorno. Avrebbe buttato quello specchio chiacchierone, si sarebbe detta che comunque era proprio niente male, e sarebbe invecchiata serenamente. Invece di tutto quel casino con la mela, i nani, il principe e la vecchia bitorzoluta. Quanto stress inutile!!! Fiabe a parte…. imparare a piacersi è una chiave fondamentale del vivere bene e dell’essere felici. E prendiamo atto che non è sempre facile. Anche perché a veder bene la favola della più bella del reame non pare proprio passata di moda (anzi, oggi abbiamo tanti di quei prodotti, trattamenti, ornamenti estetici che avrebbero fatto uscire di testa Grimilde in un attimo) e continua a riempirci la testa di stereotipi e ansie da confronto. Ed è importante sapere che non c’è specchio parlante che tenga…perché l’unico con cui dobbiamo davvero fare i conti è il nostro giudice interno. Che chiacchiera parecchio, anche quando non ci accorgiamo. E allora è fondamentale scoprire cosa ci dice, ed educarlo a inviarci messaggi positivi, a riconoscere i nostri pregi, magari anche chiedendo aiuto ad un esperto se necessario. Perché la bellezza e l’autostima iniziano sempre dall’interno, e imparare a volerci bene è una di quelle poche cose a cui non possiamo proprio rinunciare.

C.C.


Limiti e rischi

Cosa si fa sul camper Informabus? Si fa informazione e prevenzione sui comportamenti a rischio negli adolescenti! Cioè?
Si tratta di quei comportamenti che, anche se possono sembrare comportamenti “da grandi”, possono mettere in pericolo il tuo benessere fisico, psicologico o sociale, oppure possono creare qualche difficoltà a te o a chi ti è vicino.
Hai già sentito parlare di: bullismo, cyberbullismo, sexting, abuso di alcol e sostanze stupefacenti, guida sotto l’effetto di alcol o altre droghe, attività sessuali non protette, anoressia e bulimia, abbandono scolastico, fughe da casa, tentativi di suicidio, comportamenti violenti contro oggetti, animali o persone? Ecco, si tratta di questo!
Quali possono essere i motivi che spingono alcuni ragazzi a fare queste cose? Proviamo a pensarci insieme… magari per sentirsi adulti, per far vedere di essere in grado di cavarsela da soli e non essere più dipendenti dai genitori; per ottenere riconoscimento e popolarità nel gruppo di amici mostrandosi più forti… o anche solo per mettersi alla prova, per l’emozione di trasgredire e superare i limiti, per vedere l’effetto che fa…
Alcuni ragazzi hanno un rapporto difficile con il cibo, ad esempio possono smettere di mangiare o, al contrario, ingurgitare grandi quantità di cibo, utilizzando il proprio corpo come strumento di ribellione; altri possono fare uso di droghe o di alcol per sentirsi in sintonia con il loro gruppo di amici, per essere “uno di loro” e per “sballarsi un po’”. Alcuni comportamenti, inoltre, sono messi in atto dai ragazzi per provocare le reazioni degli adulti (genitori oppure insegnanti), per vedere fino a che punto si può arrivare e fino a quando valgono i limiti ed i divieti… ma anche per osservare quanto l’adulto sia effettivamente interessato e attento, insomma, quanto gliene importi…
Che ne pensate? Siete d’accordo? In una società come la nostra i limiti spazio temporali sono, almeno sotto alcuni punti di vista, praticamente dissolti: grazie alla tecnologia, ad esempio, si può parlare con una persona in qualunque parte del mondo. Oppure si può modificare il nostro corpo con la chirurgia estetica. Ciò non toglie che dei limiti rimangono, anche se il concetto ci può sembrare non alla moda, sorpassato. Tornando nello specifico al nostro ragionamento, ogni adolescente si imbatte in continuazione con i limiti comportamentali posti dagli adulti e soprattutto dalla famiglia. Questo scontro serve per sperimentare nuovi valori e nuove regole. In questo compito è molto importante il ruolo del gruppo di amici.
Da adolescenti è come se sentissimo, anche in conseguenza di modificazioni ormonali e cerebrali, una voce dentro di noi che ci invita a provare tutte le esperienze che la vita ci offre, a verificare tutte le possibilità che i genitori finora non ci hanno permesso. Le forti emozioni che proviano ci fanno avvertire il desiderio di esprimerle anche attraverso atteggiamenti ribelli, senza la ragionevolezza, a volte ipocrita, degli adulti.
La questione è che quando si superano i limiti, si possono verifcare dei problemi: se si fa qualcosa di illegale, si possono passare dei guai piuttosto seri. Stessa storia se invece i limiti che si oltrepassano non sono quelli del codice della strada, o civile, o penale, ma sono quelli del nostro corpo: se ad esempio si beve troppo (alcol) si può star male e vomitare, ma anche andare in coma etilico! Idem per ogni altro comportamento a rischio: ci sta cercare i propri limiti, ma bisogna sempre ricordarsi di usare la testa e riflettere un pò su cosa si sta facendo della propria vita! Se vi va di approfondire l’argomento vi aspettiamo sul camper!


La musica, una cura dell’anima

Il tuo musicista preferito. Ne hai uno, sicuramente, tutti lo hanno.  E’ bravo, bravo, bravissimo. Che stile, che portamento, che sound. E quello sguardo accattivante che ti fa sognare, e, diciamolo, ti smuove pure gli ormoni alla grande. Aggressivo/a e potente, con la sua rabbia gridata o rappata al vento contro un mondo che non gli piace. Urla i suoi dolori e i suoi malori… e noi piangiamo insieme a lui/lei. I grandi artisti sono questo, creano le mode, bucano le barriere, sconvolgono le consuetudini, sdoganano i cliché. Che so, Bowie, lui che ora ci ha lasciato e che tutti piangiamo, negli anni 70 gliel’ha fatta vedere lui a quei borghesi perbenisti del cavolo, a suon di piume e luccichini. Avanti tutta, fuori i benpensanti, dentro loro, gli artisti che non devono chiedere mai, che sono i grandi numeri uno e che qualsiasi numero due lo osservano da un alto piedistallo. Che sono fotogenici anche mentre fanno i bisogni sul water, perché loro non si scompongono. O meglio, sono tutti scomposti sempre, per fare tendenza. Quando vai a un concerto per due ore ti senti un figo a sbraitare con loro, poi  torni a casa, al tuo mondo, ti guardi allo specchio, non vedi nulla di particolarmente fotogenico mentre sei sul water, e pensi beh, ho sognato per un po’, torniamo alla norma dei poveri normali, che stanno a milioni di anni luce da qualsiasi palcoscenico. E poi, ogni tanto, qualcosa cambia. Tipo in una insospettabile cornice Sanremese dove di novità te ne aspetti pochine…(ma perché essere prevenuti). Arriva lui, Bosso. Lui il super portamento non se lo può permettere, è in sedia a rotelle. Togli anche lo sguardo alla Bowie e l’indole aggressiva. E pure i malori sbraitati ai quattro venti. Lui che di malori da urlare ne avrebbe, volendo. Invece non rappa neanche figuriamoci, in compenso ti fa piangere. Ma piangere di commozione, di gioia, di speranza. Perché lui  la musica l’ha presa così, come una medicina che cura i dolori dell’anima, qualcosa che ti scalda il cuore, ti fa stare bene. Una stanza comoda e accogliente in cui puoi stare quando vuoi, e cullarti nelle tue emozioni più belle, o anche andare ad osservare quelle più scomode. Perché ogni canzone, come ci racconta, anticamente era chiamata “stanza”. Ci racconta di come ogni essere umano viva 12 stanze nella sua vita, la prima non la puoi ricordare finché non arrivi all’ultima, dove finalmente trovi la tua libertà. E nel viaggio tra le stanze più luminose e più buie la musica ci accompagna…non  tanto come un urlo contro qualcuno o qualcosa, una rottura degli schemi….no. E’ costruzione. E’ una condivisione di una verità che ti viene dalla stanza più intima dell’anima. Un dono sincero della tua forza vitale più autentica, lontana anni luce dalle pose plastiche sul water.  E tutti a piangere. Commozione, lacrime, applausi. Qualcuno dirà che è l’effetto naturale che fa la persona affetta da un serio problema fisico quando scala comunque i gradini del successo. Eppure io direi che c’è dell’altro. C’è che questa persona ha avuto tempo e voglia di andare a capire cosa ci sta (dovrebbe stare) davvero a fare uno su un palcoscenico nel 2016. Ti mostra la bellezza e la forza della sua anima, e ti infonde, poco a poco, la voglia di andare a scoprire e mostrare anche la tua di bellezza. Ti fa un regalo, e grande. E allora non ti senti un figo urlando sotto i piedi di una star per cinque minuti, ti senti come uno a cui hanno detto “hey, a me hanno donato questa cosa meravigliosa, ora te ne regalo un po’, perché ti aiuti a trovare anche il tuo di dono meraviglioso”. E quando torni a casa ti porti via qualcosa, una fiammella che si è accesa e che se la curi bene crescerà. Ecco io credo che oggi siamo più o meno consciamente avidi di questo: un’arte che non sia la celebrazione dell’ego debordante di qualcuno, ma qualcosa che ti scaldi dentro e che sia profondamente e umilmente vero. Questa è grandezza. Grazie Bosso, persone come te non hanno bisogno di abbattere muri, quelli cadono da soli per vergogna, e aprono strade nuove, finalmente.


Ascoltiamo l’altro me…

Una giornata no. Di quelle che anche ingoiare un boccone del nostro piatto preferito sembra uno sforzo titanico. Neanche la nostra canzone riesce a tirarci su… Facciamo una passeggiata virtuale tra  le frasi più improbabili di faccialibro…da spanciarsi dalle risate…e invece niente. Ma che è? Gli angoli della bocca sembrano murati dal botulino dopo un intervento mal riuscito. Ci guardiamo pure il centesimo selfie di quei tipi che cambiano compulsivamente le immagini del profilo tre volte al giorno. Sono tutte uguali scattate nel bagno davanti allo specchio con la bocca allungata in avanti (va di moda così) stile papero, o stile altra operazione al botulino mal riuscita. Ancora neanche una risatina piccola piccola…cavolo…sembra preoccupante. Una fastidiosa sensazione sembra essersi impossessata della nostra pancia e non se ne vuole andare. Non si capisce chi l’abbia invitata, e a dirla tutta questa presenza indesiderata non ha proprio nessun motivo valido per stare là. Quindi ora sarà meglio che se ne torni da dove è venuta. Già… ma da dove è venuta appunto?? E chi sarebbe poi questa intrusa? Sembra proprio assomigliare molto a quella goffa tipetta blu che nel cartone animato inside out chiamano tristezza (detta anche “mai una gioia”). Eh no eh… non possiamo farci vedere con questo muso lungo altrimenti chissà che diranno gli amici… noi che siamo sempre stati i festaioli di turno, quelli che non si perdono mai una serata, quelli che hanno sempre la battuta pronta. Piacciamo a tutti proprio per questo del resto no?  Ma oggi in realtà non abbiamo voglia proprio di parlare con nessuno. Chi, noi? I chiacchieroni di turno quasi a rischio logorrea? Già. Altra cosa preoccupante. Forse dovremmo contattare uno psicologo. Forse siamo proprio alla frutta. Forse abbiamo una doppia personalità…stiamo scivolando nella depressione…non siamo poi così simpatici e allegri…rimarremo soli…la nostra vita è finita…aaaaaaaagggghhh!!! Altttttt!!! Freniamo questa deriva disperata per carità. Sembriamo uno di quei cartoni animati giapponesi quando si agitano talmente tanto che si ritrovano con la faccia sformata, vediamo di non peggiorare la situazione. Qualcuno (più saggio di un cartone animato giapponese) diceva che non dobbiamo cercare di far andare le cose come vogliamo ma accettare le cose così come vanno. E poi la nonna dice sempre che non tutto il male viene per nuocere. E se fosse vero? Ci mettiamo sul divano e proviamo a parlare con questo scomodo intruso…che magari è lì per dirci qualcosa? Uhm… e va bene, tanto altro non riusciamo proprio a fare. Del resto la psicologia insegna che emozioni come la tristezza o la rabbia non vengono mai per caso. E se persistono è perché le accogliamo nel modo sbagliato, sperando che se ne vadano il più presto possibile. Chi, noi? Noooooo… Beh, e anche fosse, ma che avrebbe di tanto importante da dirci questa tristezza?? Magari che ci sono tante cose di noi stessi che non abbiamo ancora scoperto e che meritano attenzione. Che forse non ci va sempre di sorridere, soprattutto quando si ostinano a fare battute antipatiche su quelle cose che in realtà ci feriscono… non siamo mica macchine da cabaret! E che magari quel commento a sproposito che abbiamo volutamente ignorato in realtà ci è rimasto incastrato sullo stomaco. O che quelle cose che a tutti piacciono a volte non ci divertono affatto… Che non siamo proprio esattamente come ci ostiniamo a mostrarci agli altri ogni giorno. E che quell’altra parte di noi, un po’ più in ombra… magari non è proprio niente male e merita la nostra attenzione!!

Alla fine dobbiamo ammetterlo, questa storia dell’inquilina sgradita aveva un suo significato… ben venga un momento di silenzio ogni tanto… potrebbe darci la chiave per aprire porte che non avevamo notato… e scoprire mondi che ci attendono, tutti dentro di noi!

C.C.


50 sfumature…di gigio

“Io non faccio l’amore, io scopo, forte”, dice il signor “Grigio” (per gli amici Grey) alla sua nuova conquista, che si mordicchia le labbra, con quello sguardo da piccola fiammiferaia. Lei ha l’aria dolce e sperduta di una appena uscita da un cartone animato Disney, solo che questa uscita le è costata un pochino cara. Perché là fuori le cose sono un tantino diverse. “Ti fidi di me?” le chiede il signor Grigio tendendole la mano. Ma invece di portarla su un tappeto volante come Aladdin aveva fatto con Jasmine, la porta nella famosa stanza dei giochi, dove comunque ci sono delle simpatiche corde e catene per svolazzare appesi al soffitto. Questo è il momento in cui Anastasia capisce che decisamente non stiamo più parlando di cartone animato. E che non  canteranno insieme neppure la famosa canzone “il mondo è tuo, il mondo è mio”.. perché da contratto è lui il padrone, lei la schiava, e lì il mondo è decisamente solo del signor Grigio. Però c’è da dire che Grey è molto più ricco di quel poveraccio di Aladdin, e per Anastasia non bada a spese: un’auto nuova di zecca, un pc, vestiti…. ovviamente scelti sempre da lui, così che lei non si scomodi troppo ad esprimere desideri suoi. Non è previsto per contratto. Del resto era ora che sdoganassero questa figura obsoleta del principe azzurro, e arrivasse finalmente lui, il principe grigio. Che non va a cavallo e neppure sul tappeto volante, poiché ha una quindicina di auto di lusso in garage. Anastasia comincia a prenderci gusto, si sente “Eva nel paradiso terrestre” e lui è un incantevole serpente che la guida alla scoperta di un mondo oscuro ed eccitante, e lei non sa resistergli. E’ un dominatore, un vero maschio Alfa, davvero affascinante. Non gli piace fare l’amore, solo sesso sfrenato  nella sua stanza dei giochi. Non si lascia neanche toccare. Insomma a dirla tutta qualche problemino ce l’ha, ma non è anche questo che lo rende così affascinante? Questa sua presenza ossessiva e possessiva, insieme a questa assenza affettiva, che manda tutti gli ormoni per aria, che ti fa piangere per ore, e desiderare solo che lui sia lì vicino a te…? Ahhh questa sì che è passione!! E poi questi suoi problemi sono frutto di un trauma, non è colpa sua. C’è sempre quella vocina in fondo allo stomaco che sussurra “lui cambierà per amore, devi solo avere pazienza e stargli vicino”. E Anastasia è disposta a fare proprio tutto, anche giocare al dottore nella stanza dei giochi. Dottore si fa per dire, che sembra più una stanza da torture medievali..ma del resto l’intimità è uno spazio privato e ognuno la vive secondo la propria fantasia. Secondo alcune ricerche pare anche che chi pratica il BDSM (pratiche erotiche amate dal signor Grigio) sia meno nevrotico di altri. E infatti anche noi pensiamo che dare voce alle proprie nascoste fantasie sessuali è un ottimo antidoto alla nevrosi e anche un fattore di coesione nella coppia. Peccato che qui le fantasie siano solo del signor Grey. Pazienza. Peccato anche che lui abbia fatto un tantino confusione tra il piacere e il dolore. Ancora pazienza. E poi peccato che non possa fare a meno di umiliare e “punire” la sua donna, perché questo lo eccita terribilmente. E qui Anastasia perde la pazienza. Incredibile ma vero. Persino prima che lui le chieda di fare sesso appesa all’elicottero per poi paracadutarsi su un tappeto di spine, e noi che la credevamo senza speranze…. Scherzi a parte, e con il massimo rispetto per l’intimità e i gusti sessuali di chiunque, noi ci augureremmo che invece di passare alle cinquanta sfumature di nero e rosso, Anastasia potesse uscire da questa favola moderna, e continuare la sua esplorazione della sessualità da un’altra parte. Possibilmente mandando il signor Grigio a quel paese, o meglio da un terapeuta, per risolvere i suoi traumi, perché la sua sottomissione invece di aiutare lui, potrebbe più probabilmente traumatizzare lei. E quindi ci piace, che ne so, immaginarla in India a studiare le discipline tantriche, in cui la ricerca del piacere sessuale nasce dalla meraviglia dello scambio e del rispetto reciproco, e si unisce all’evoluzione spirituale della persona. Oppure a casa sua con il ragazzo della porta accanto, che la ricopre di fiori ed è curiosissimo di sapere cosa le fa piacere e cosa no, fuori e dentro il letto. Che di sfumature ce ne sono molte più di 50, soprattutto se non ti limiti al grigio.

C.C.


Connettiamoci anche col corpo…

Eccoci ad un nuovo fantastico giorno! Che vi vedrà immagino impegnati in mille attività… tra studio (o lavoro) amici, famiglia, hobbies…

Si parte probabilmente con una mattinata di fuoco, almeno 5 ore seduti ad un banco di scuola, o in aula universitaria, o davanti a un pc… intenti ad ascoltare spiegazioni, produrre testi scritti, rispondere a domande.. Ci saranno probabilmente quei momenti in cui inizierete a percepire la voce del prof come un mormorio lontano, mentre la palpebra inizierà lentamente a scendere, e voi sarete teletrasportati nelle spiagge del Brasile per qualche secondo. Avrete giusto il tempo per scodinzolare un attimo a ritmo di samba, nel vostro “tutù” fiorato (graziosissimo..), prima che un rumore fastidioso interrompa il vostro idillio. Questo tipo di “idillio” non è un fenomeno da sostanze stupefacenti, ma un’alterazione delle percezioni dovuta da sonno, o più comunemente da noia. Se non state guidando non è pericoloso. Il rumore fastidioso che irromperà sarà invece l’urlo del prof che sopraggiunge ad un calo critico della palpebra. Normale amministrazione, senza nulla togliere  alla buona qualità delle lezioni per carità. Cinque ore seduti in ascolto attento sono un record per pochi, bisogna ammetterlo. Per molti di voi questo penoso sforzo continuerà il pomeriggio, con altre ore seduti a studiare, memorizzare, rileggere e simili. Anche qui sono ammesse pause, che saranno dedicate ovviamente a sgranocchiare qualche schifezza consolatoria, o ad un’altra incursione in Brasile, o dove preferite. Questa volta senza l’interruzione del prof. E poi ovviamente ci saranno le fisiologiche pause da chattaggio sfrenato e incontrollato, che ormai sembra quasi un tic nervoso. Un titititik splack splunk sbring (a seconda delle suonerie ultimomodello) così rapido da fare invidia ad un millepiedi in corsa. E mentre le dita saettano come frecce su quei tastini minuscoli, il cervello fa il ping pong tra il Brasile, la chat, il libro, e il ricordo di quel tipo/quella tipa che vi piace e che giurereste che stamattina stava guardando proprio voi… e i messaggi corrono sul filo della comunicazione a ritmo di samba, voi, lo so, siete ancora seduti. Ma finalmente, dopo tutte queste interminabili ore di studio/lavoro/riflessione/chattaggio/sambabrasiliana, arriva ad un certo punto l’ora del riposo, ecchecavolo, mica siamo macchine!! Finalmente possiamo rilassarci, e magari goderci quella fantastica serie che va tanto di moda (da Natale avete anche voi una connessione decente, dopo che avete impietosito i vostri genitori col fatto che no, non si può, nel 2016, non avere la possibilità di guardare almeno 2 o 3 puntate in streaming al giorno di the games of thrones, è una violazione dei diritti umani). Ed è proprio mentre pregustate questo fantastico e meritato momento di relax che succede l’imprevedibile… la connessione non va. Tragedia. Ingiustizia suprema. Dopo una giornata così questa non ci voleva proprio!!!!!! Che fare???? Finite anche le schifezze da consolazione.. E allora, in questo momento di desolazione, prendete una drastica decisione: alzarvi in piedi (sì in piedi!)e andare a fare una passeggiata. Una passeggiata? Sì, magari al parco. E non a sedervi sul muretto con gli amici sfumacchiare… intendo proprio una passeggiata vera!!!! E potrebbe anche essere la migliore decisione della giornata!!! Sapete quante ore al giorno si passano seduti o sdraiati? Si arriva a circa 19 ore al giorno! Eppure abbiamo un fantastico corpo a disposizione, e possiamo utilizzare, oltre alle rapidissime dita chattanti, anche altre componenti molto interessanti!! E spesso finiamo per dimenticarcelo purtroppo… Muoversi e fare sport, lo sappiamo, fa bene. Perché questo fantastico corpo ci ricorda che se non lo trattiamo con una certa cura prima o dopo ci presenterà il conto. Prendersi cura del corpo però è anche molto divertente, ci riempie di energia nuova, ci risveglia da quel torpore alienante in cui, per forza, sprofondiamo dopo ore e ore seduti davanti ad un  pc, televisore, telefonino, o anche professore….soprattutto nel caso in cui l’oggetto/soggetto che abbiamo di fronte ci imbottisce di informazioni senza richiederci uno scambio verbale almeno di tanto in tanto. Ah…. e se riuscite anche a spegnere il cell per un’oretta, magari mentre passeggiate in un parco… eviterete il pericolo di dimenticare che il mondo, fuori dagli schermi e dai tititik splak splunk sbring, non è niente niente male. Magari invitate il tipo/la tipa che vi guardava stamattina eh!  Buona passeggiata, ! Fateci sapere com’è andata!!!

C.C.


Fumi?

Quanti condividono un momento fumandosi una sigaretta! Sembrerebbe che gesticolare con la sigaretta, fare un tiro ogni tanto ci faccia sentire bene, spigliati, come se quell’atteggiamento ci sostenga nella conversazione.

Solitamente si comincia molto giovani, 12/13 anni…si prova, ci si sente in qualche modo più  grandi e pronti ad entrare nel mondo degli adulti.

A quell’ età non si può prendere sicuramente in considerazione il fatto che forse quel  vizio nel tempo potrebbe diventare non così salutare. La sigaretta è solo vista come un momento rituale…aprire il pacchetto, avere l’accendino magari più figo, accenderla senza che il vento ci impedisca di farlo…insomma un’arte.

Si continua nel tempo e poi ci convinciamo che senza di essa non riusciamo a fare più nulla. Ci permette di “staccare” un attimo da un impegno…mamma mia quanto devo studiare! Mi fumo una sigaretta poi ricomincio…

Ecco, così, diventa sempre più una necessità.  Il primo pensiero è quello di avere il pacchetto sempre con sé, è un cruccio che accompagna tutta la giornata.

Oggi molte sono le campagne contro il fumo partendo proprio dai pacchetti di sigarette dove si leggono slogan sulla sua nocività. Quasi ovunque ormai è vietato fumare  se non fuori. In autobus, in ufficio, nei ristoranti c’è quel cartello che ci ricorda che è vietato e che un certo “Mario Rossi” tutela questo divieto assoluto.

Capita spesso di vedere persone infreddolite fuori dei locali, appoggiati al muro riparati dal freddo che furtivamente si accendono una sigaretta facendo 10 tiri al secondo perché devono rientrare…a cena intanto si stava parlando di una cosa interessantissima …

Allora tutto il rituale? Il gusto di fumarsi una sigaretta in compagnia dov’ è finito? Perché si continua a fumare allora? Il corpo ormai ce lo chiede, ne ha necessità. Anni di nicotina ci hanno resi dipendenti da essa. Sembra che smettere di fumare sia una delle cose più difficili da fare: libri, terapie, gruppi di aiuto, maghi…insomma una vasta gamma di metodi per smettere. Ora poi c’è anche  la sigaretta elettronica. Il boom di vendite in un paio di anni. Fa male lo stesso? No, sì…forse. Intanto molti si sono riavvicinati alla vecchia sigaretta, con il suo bel rituale…ah aprire il pacchetto nuovo è fantastico!!

Eppure in quella sigaretta ci sono una miriade di sostanze diverse che in combustione diventano un cocktail micidiale per il nostro corpo. Il loro impatto è assolutamente devastante e non solo per chi fuma. Il fumo passivo è altresì nocivo e spesso causa patologie importanti.

Noi parliamo spesso con i ragazzi di sostanze stupefacenti, di alcol e poche volte in effetti  viene fuori il discorso del fumo di sigaretta…perché non lo facciamo assieme? Dai, se ci venite a trovare ne parliamo magari fumandoci una sigaretta…E NO! Sul camper non si fuma!…