Tagliarsi la pelle

Prendendo spunto da un racconto di un genitore che poco tempo fa è salito sul camper del servizio Informabus e ci ha raccontato di su* figli* che si taglia, oggi parliamo di questa pratica che riguarda molt* adolescenti.

Partiamo da una definizione: si chiama cutting (tagliarsi) la diffusa e attuale tendenza da parte dei teenager, di solito ragazze, a tagliare, incidere, ferire la superficie della propria pelle, soprattutto di gambe e braccia, con lamette, coltelli affilati, temperini, punte di vetro, lattine usate, o quant’altro. Può trattarsi di un singolo episodio o diventare abituale. Il cutting può diffondersi in modo epidemico in gruppi di amici, o di pari anche grazie alla rete, con un escalation di progressiva emulazione e autoemulazione.

“La pelle è il confine col mondo, il corpo è l’unica cosa sulla quale un adolescente – in quella fase della vita – sente di avere un potere, e quel potere lo affascina”.

Non c’è un’unica spiegazione che renda conto dei motivi per cui una persona può decidere di tagliarsi. Se alcuni ragazzi e ragazze si tagliano, è per controllare e interrompere, in modo indiretto, un dolore mentale troppo forte, un’angoscia troppo intensa e insostenibile: preferiscono soffrire nel corpo che psicologicamente, preferiscono il dolore fisico al dolore mentale e fanno in modo che il dolore fisico prenda il posto di quello mentale. Le ferite inflitte al corpo sono un mezzo estremo con cui lottare contro la sofferenza psicologica.

Per altri adolescenti tagliarsi è un modo per percepire di esistere ed essere vivi: meglio un dolore fisico che non sentire niente o sentirsi vuoti e inutili.

Tagliarsi dà l’illusione di un sollievo, a volte addirittura euforia, come se dai tagli fuoriuscissero finalmente le emozioni che non si riescono a tollerare dentro di sé: la disperazione, la tristezza, il sentirsi rifiutati, la solitudine e soprattutto la rabbia verso qualcun altro da cui si sente di dipendere e che si teme si allontani. È una rabbia che diventa odio contro se stessi e la propria incapacità nel gestire una data situazione.

Tagliarsi, ma anche bruciarsi con le sigarette (burning) o marchiarsi a fuoco la pelle con un laser o un ferro rovente (branding) o grattarsi sino a farsi uscire il sangue, permette, in assenza di strategie più mature e funzionali, di ristabilire un equilibrio, di ricollocarsi nella propria vita, di esprimere la propria indipendenza affettiva dai genitori o una sfida nei confronti delle regole che questi ultimi vogliono imporre.

I segni e le cicatrici lasciati da questi gesti autodistruttivi racchiudono una sofferenza per la quale la persona non ha ancora trovato parole per raccontarla e spiegarla.

Cutting, burning e branding sono comportamenti particolarmente frequenti durante l’adolescenza. E questo non è un caso, se teniamo presente che il corpo che cambia, amato e al tempo stesso rifiutato, il corpo dove nasce il desiderio sessuale e in cui si radica l’identità è il terreno di battaglia di ogni adolescente, di ogni ragazzo e ragazza.

Con il tagliarsi, l’adolescente può cercare una disperata via d’uscita dalla fatica per lui insostenibile della crescita, dal senso di fallimento per il non sentirsi in grado di farcela a diventare grande.

L’adolescenza è sicuramente una fase di trasformazione e una trasformazione non è mai un passaggio facile. Ci pensate alla farfalla che esce fuori dalla crisalide, alla nascita di un bambino o, più banalmente al germogliare di un seme. Quel seme si taglia, si rompe in due e, per farlo, marcisce nella terra. Il seme soffre e deve smettere di essere un seme per diventare germoglio. Quel vecchio e bozzuto seme deve lasciarsi morire affinché nasca il germoglio. Il tagliar potrebbe essere visto come un rito per far si che il seme riesca a germogliare, l’adolescente a crescere. In altri casi il tagliarsi potrebbe essere una richiesta d’aiuto. Se insieme al cutting ci sono dipendenze, traumi, abusi, disagi, disturbi di apprendimento, autismo, maltrattamenti o qualsiasi altro evento infausto, ce ne dobbiamo accorgere. Se un adolescente va a scuola, studia, esce con gli amici, guarda la tv, mangia, scrive e si incazza… ogni tanto è felice, ma questo lo riuscirà a dire qualche decade più tardi. Se la qualità della sua vita in tutte queste manifestazioni è buona, allora qualche taglio non deve impaurire troppo, Certo bisogna tener d’occhio la situazione e dimostrare di esserci al bisogno, senza essere invadenti. Che ne pensate? Scriveteci, venite a trovarci sul camper!























adolescenti di oggi

L’articolo di oggi prende spunto da un recente laboratorio all’interno di un ciclo di formazione promosso dal Comune di Ancona sugli adolescenti.
Ad un certo punto il relatore ci ha fatto dividere in gruppi chiedendoci di descrivere i ragazzi e le ragazze di oggi, cercando però i lati positivi, per non scadere nel giudizio, cosa assai facile per un adulto.
Le caratteristiche peculiari venute fuori sono state le seguenti:
-bisogno di essere accettati dai coetanei
– una propensione al rispetto della diversità in generale (sessuale, etnica, di diverse
abilità)
– solidarietà tra pari e forte senso di giustizia
– rispetto alle generazioni precedenti un minor senso dell’autorità con conseguente minor rispetto nei confronti degli
adulti
– differente modalità di esprimersi, sono più coincisi
– maggior proiezione all’esterno piuttosto che all’interno, nel senso che sono più in grado di vedere e capire gli altri che sè stessi
– bisogno di far parte di un gruppo, che però è spesso solo virtuale, nella realtà faticano a trovarlo.
Ragionando su questi peculiarità sembrerebbe che, a parte la prima caratteristica (che avevamo già sottolineato prima che il formatore ci ricordasse di evidenziare solo gli aspetti positivi), in fondo forse i giovani di oggi sono una versione più evoluta della generazione precedente, cosi come la mia era più evoluta di quella dei miei genitori, e quella dei miei genitori era più evoluta di quella dei miei nonni, e via dicendo…

Certo, tralasciando le caratteristiche negative non può non emergere un profilo positivo che fa ben sperare e per un attimo fa accantonare tutta la preoccupazione e paura per il disagio adolescenziale di oggi.  Ma la realtà è che sono aumentate le minacce di suicidio e i comportamenti autolesivi, i disturbi del comportamento alimentare, i conflitti fra genitori e figli, i ragazzi che hanno deciso di ritirarsi dalla scuola e dalla vita sociale e tante altre manifestazioni di sofferenza psichica adolescenziale. Tutti i Servizi per l’età evolutiva sono alle prese con un eccezionale numero di richieste di intervento, alcuni dei quali molto preoccupanti. Rispetto alle generazioni precedenti secondo Matteo Lancini presidente dell’associazione Minotauro di Milano, docente di psicologia all’Università degli Studi di Milano Bicocca gli adolescenti hanno perso la tendenza a trasgredire e a opporsi agli adulti ed esprimono il proprio disagio e le sofferenze evolutive attaccando sé stessi e il proprio corpo. In passato prevalevano manifestazioni sintomatiche legate alla difficoltà nell’accettazione del corpo erotico e sessuale. Ora la sofferenza ha a che fare con il corpo estetico, e infatti non si percepiscono mai sufficientemente belli, e la mancanza di notorietà, cioè non ci si sente mai abbastanza popolari. Gli adulti, difensivamente, accusano internet, ma la società degli iper-ideali e del “successo a tutti i costi” non è attribuibile solo alla rete. Internet è un ambiente che ha amplificato miti affettivi e modelli di identificazione adulti che transitano quotidianamente anche da altri mass-media e, soprattutto, dalla quotidianità dei nostri atteggiamenti.

In adolescenza non si soffre esclusivamente per ciò che è accaduto in passato, ma soprattutto per ciò che si percepisce non potrà accadere. La sofferenza, il disagio adolescenziale dipende moltissimo dall’assenza di prospettive future. Il dolore deriva dalla sensazione di non poter realizzare i propri compiti evolutivi, di non riuscire a costruirsi una propria identità, di non intravedere la possibilità di realizzazione di sé e di sé nella società di cui si fa parte. Lascio al lettore l’analisi di ciò che è accaduto negli ultimi anni rispetto al pianeta, ai mari, all’atmosfera e all’economia. Ci sono stati adulti che hanno fatto pensare ai giovani che stessimo pensando a loro e al loro futuro? Ognuno risponderà come crede a questa domanda, magari anche cosi: “Ma chi se ne frega dei giovani e del loro futuro”.

L’adolescenza è una “seconda nascita”. A questa età si è chiamati, in primis dalla biologia, a realizzare dei nuovi compiti evolutivi, ad accettare trasformazioni del corpo non richieste e a lavorare mentalmente sui processi di separazione e individuazione. Se il corpo portato in dote dal cambiamento puberale non ti piace, se senti di non riuscire a realizzare i processi separativi dai tuoi genitori, se non riesci a investire nel ruolo di studente e ad avere una presenza riconosciuta all’interno del gruppo dei coetanei, soffri enormemente. Il blocco evolutivo dipende moltissimo dal sistema di rappresentazione del ragazzo o della ragazza, dai propri vissuti e dal proprio modo di guardare a sé stessi e alla propria realizzazione. Rappresentazioni proprie ma costruite all’interno di un contesto familiare, scolastico e sociale. Quando un adolescente è incastrato nel canale del parto della seconda nascita è meglio trattare seriamente la vicenda, non banalizzare: “Ma si, cosa vuoi che sia, passerà”; “Non dire stupidate, sei bellissima”. Sono risposte difensive provenienti da adulti troppo fragili per poter diventare qualcuno a cui chiedere aiuto, per poter essere un riferimento davvero autorevole per un adolescente.

Sempre secondo il prof. Lancini quello su cui ci troveremo a interrogarci maggiormente nei prossimi anni sia proprio quello relativo al progressivo disinteresse verso la sessualità. Agli adolescenti interessa sempre di più essere presente nella mente dell’altro, non di compenetrarne il corpo. La precocizzazione di bambini e bambine, che si vestono come ci vestivamo noi negli ultimi anni delle scuole superiori, non deve far pensare a un debutto anticipato del rapporto sessuale completo e a un desiderio senza freni. La società del futuro è fatta di compenetrazione nella mente dell’altro, il piacere è nell’essere sempre presenti nei pensieri dei tuoi coetanei. Per questo già ora contano di più i selfie e il sexting che il rapporto sessuale completo. Anche qui non è responsabilità di internet ma di come gli adulti hanno sostenuto la crescita dei bambini odierni e utilizzato loro internet.


Il contesto all’interno del quale le generazioni crescono conta eccome. Infatti i disagi più diffusi degli ultimi anni sono il disturbo della condotta alimentare femminile e il suo equivalente maschile: il ritiro sociale. Si tratti di modalità di soffrire che hanno a che fare con le richieste provenienti dai miti affettivi e culturali della nostra società. Sono disagi e patologie etniche, presenti solo in alcune regioni del nostro pianeta. Non esiste l’anoressia nei luoghi dove il cibo scarseggia, così come non esiste il fenomeno degli Hikikomori laddove il corpo dei figli non è sotto sequestro delle angosce adulte.

Il Lancini da tre consigli ai genitori di figli adolescenti:

  1. Alla sera a tavola chiedere ai figli “come è andata oggi in internet”, non solo interessarsi della scuola
  2. Condividere insieme ai figli il tema del dolore, della sofferenza, degli inciampi e della morte come parte costituente e creativa della vita.
  3. Smetterla di farsi attrarre dalle facili soluzioni sotto forma di ricette (tipo: “i 10 consigli per essere un bravo genitore”, “fate spegnare il cellulare la sera a cena a vostro figlio”) e interessarsi autenticamente a chi si ha davanti: ogni figlio/a è unico e non merita semplificazioni e una mamma e un papà “da ricetta”.

Che ne pensate? Parliamone, sul blog, sui social o veniteci a trovare sul camper Informabus!


Nuove Droghe


Finora nel 2021 sono state rilevate ben 128 nuove droghe, 90 delle quali sono state segnalate in Italia. A rivelarlo sono i membri dell’Istituto Superiore di Sanità, che hanno presentato un nuovo Report che fa luce sulla situazione in Europa e nel nostro Paese in merito alla diffusione delle sostanze stupefacenti.

Le nuove droghe individuate dal Sistema Nazionale di Allerta Precoce (SNAP) appartengono prevalentemente a tre differenti classi.

La prima è la classe dei catinoni: sostanze stimolanti derivanti dal khat, Catha edulis, una pianta originaria del Corno d’Africa e della penisola arabica. Si tratta di stimolanti simili alle amfetamine, spesso note come sali da bagno, possono contenere il sostituto del catinone mefedrone.                    Gli effetti  possibili sono mal di testa, tachicardia e palpitazioni, allucinazioni, agitazione, una maggiore resistenza e tolleranza al dolore e la propensione al comportamento violento. Nei casi più gravi si possono presentare infarto del miocardio, insufficienza renale e insufficienza epatica.

La seconda quella degli oppioidi sintetici analoghi del Fentanil una sostanza potente circa 100 volte più della morfina chein dosi elevate può indurre ipotensione arteriosa, depressione respiratoria, insufficienza cardio-circolatoria (fino all’edema polmonare acuto), il coma e la morte.

I cannabinoidi sintetici sono spesso chiamati anche erba sintetica, e sono considerati alternative alla semplice marijuana. In realtà, si tratta di composti dagli effetti imprevedibili e con un’azione sul cervello molto più potente di quella della normale erba. In alcuni casi i cannabinoidi sintetici, però, possono provocare gravi effetti sul cervello o sull’organismo, che in casi estremi potrebbero diventare anche mortali.

I nomi comunemente usati per i cannabinoidi sintetici sono: Spice, K2, X, Tai high hawaiian haze, Mary joy, Exodus damnation, Ecsess, Devil’s weed, Clockwork orange, Bombay blue extreme, Blue cheese, Black mamba, Annihilation.


Adolescenti suicidi

Oggi parliamo di un tema veramente scomodo: la morte di bambini ed adolescenti causate da suicidio o condotte autolesionistiche. Partiamo da 2 tragici fatti di cronaca verificatisi negli ultimi giorni: una bambina di 10 anni a Palermo e un bambino di 9 a Bari. Secondo una prima ricostruzione la piccola avrebbe raccolto la sfida che su “tik tok viene chiamata “hanging challenge” e che prevede una prova di resistenza; consiste nello stringersi una cintura attorno al collo e resistere il più possibile. Purtroppo la bambina è arrivata all’asfissia con conseguente morte cerebrale. Del bambino di Bari trovato impiccato in cameretta invece per ora si sa ben poco, praticamente solo che la morte è avvenuta per soffocamento e che il bambino è stato trovato dalla mamma con una cordicella stretta attorno al collo, agganciata ad un attaccapanni.

Quello che invece è evidente è che in quest’epoca di pandemia stanno crescendo gli episodi di autolesionismo o in alcuni casi di tentativi di suicidio tra bimbi ed adolescenti così come sta aumentando il numero dei ricoveri nel reparto di Neuropsichiatria dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

A livello globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i suicidi si collocano al secondo posto tra le cause di morte nella fascia d’età 15-29 anni. Seconda causa di morte anche per i giovani italiani dai 15 ai 24 anni. Da una ricerca è emerso che in adolescenza un ragazzo su tredici ha tentato il suicidio, invece, la pianificazione o l’ideazione suicidaria comprende il 30% dei giovani (Kolves e De Leo, 2016). Il suicidio può essere definito non come desiderio di morte, ma come cessazione del flusso d’idee, come risoluzione del dolore psicologico insopportabile. Si può considerare il suicidio come un movimento di allontanamento da emozioni intollerabili, dolore insopportabile o forte angoscia e non come un movimento verso la morte. Il suicidio non è un atto impulsivo, come spesso si crede, la persona non decide improvvisamente di mettere fine alla propria esistenza, ma spesso è un atto meditato nel tempo. Il soggetto non riesce più a trovare uno scopo di vita, percepisce il proprio disagio interiore come intollerabile e arriva, quindi, a sentirsi “in-aiutabile”.
A lanciare l’allarme è Stefano Vicari, primario dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del nosocomio pediatrico romano. “Da ottobre ad oggi, quindi dopo la prima ondata Covid, abbiamo registrato un aumento dei ricoveri del 30% circa. Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”, aggiunge.

Poi continua: “Tutto questo è assolutamente associato al periodo di chiusura, gli adolescenti vivono con grande preoccupazione questo periodo e quindi c’è una ripercussione sui loro vissuti particolarmente importante. Mi comincio a chiedere quando tutta questa emergenza sarà finita quello che dovremo gestire. Sarà un’onda lunga”.

E ancora:  “C’è un altra fetta nel mondo di giovani che si chiudono sempre di più dentro casa, dentro la stanza, che trascorrono ore ai videogiochi senza nessun interesse sociale. Che vivono l’inutilità della relazione e confinano sempre più questo mondo ai tablet o agli strumenti tecnologici. Finita l’emergenza sarà molto difficile farli uscire di casa. È li che trovano rassicurazione. È lì che gli si rinforza il sintomo di una fobia sociale che spesso si accompagna a forme più o meno acute di depressione”.

Stiamo chiedendo di rimanere in stand by, di sospendere la propria vita a degli esseri viventi che hanno bisogno di fare, di fare eperienze reali, di sperimentare con il gruppo dei pari. Insomma la situazione è davvero critica, e le conseguenze potrebbero essere molto gravi. Dall’opinione pubblica stanno aumentando il malcontento e le proteste per delle norme che penalizzano molto pesantemente i piu giovani per salvaguardare gli altri, ma forse stiamo chiedendo loro sforzi eccessivi? Voi che ne pensate?