Una delle domande più frequenti che le ragazze e i ragazzi che salgono sul camper Informabus fanno a noi operatori è perchè l’alcol è legale e cosi accessibile e la cannabis invece illegale e cosi demonizzata; oggi l’articolo parla proprio di questo.
Il nostro è evidentemente un paese di bevitori, tanto che consuma aperitivi alcolici, amari e superalcolici quasi il 50% della popolazione, dagli 11 anni in su (58,1% uomini – 34,6% delle donne). Secondo i dati dell’Istat relativi al biennio 2020-2021 (quelli che riguardano il 2022 saranno elaborati il prossimo anno insieme ai dati del 2023) il 15% degli adulti italiani compresi tra i 18 e 69 anni consuma alcolici in modalità o quantità ritenute “a maggior rischio” per la salute: insomma, secondo l’istituto di statistica, 8,7 milioni di italiani hanno problemi con l’alcol.
Sappiamo che a piccole dosi, incrementando la dopamina presente nel circuito mesolimbico della ricompensa, e rilasciando endorfine, porta a sensazioni di gioia, euforia e condivisione; l’assunzione di alcol altera l’attività cerebrale e ha effetti negativi sulle capacità di risoluzione dei problemi e sulla memoria.
Influisce sul pensiero razionale, nel sopprimere la rabbia e nel fare scelte consapevoli. Tutti effetti che peggiorano all’assunzione di altro alcol; sino al coma etilico.
Ma il danno non è solo per chi abusa: oltre 20 miliardi di euro all’anno vengono spesi dallo Stato per problematiche sanitarie e sociali dovute all’abuso di alcol come incidenti, morti, perdita di produttività, assenteismo, disoccupazione, costi sanitari.
Per sostenere il mercato degli alcolici, leggermente in calo durante gli anni di pandemia, i politici italiani hanno preferito evitare di imporre etichette che mettano in guardia il consumatore in merito ai danni che l’alcol provoca alla salute. Purtroppo il vino non fa “buon sangue”, perché determina malassorbimento e cattivo funzionamento epatico; esattamente al contrario di quel che sostiene la “saggezza popolare”. Eppure sono oltre 30 milioni gli italiani che consumano, più o meno regolarmente, alcolici. Non è per l’economia che l’alcol è legale, date le tante conseguenze negative del consumo, ma per soddisfare la volontà popolare. È un piacere a cui troppe persone non vogliono rinunciare. Non si vieta l’alcol, nonostante in Italia muoiano la media di 48 persone al giorno a causa del suo consumo. L’alcol è socialmente accettato e largamente pubblicizzato, anche se provoca forte dipendenza fisica. Quando si tratta d’alcol, il problema è il consumatore, non la sostanza in sè.
Sarebbe meraviglioso se si usasse la stessa logica per la cannabis: questa pianta ha una storia più antica della vite. La canapa ha accompagnato l’evoluzione umana; basti pensare alle corde, la carta, i tessuti e i farmaci. L’uso ricreativo del fiore risale a oltre 2.500 anni fa. Il proibizionismo di un fiore che non ha mai provocato un solo morto nella storia dell’umanità, e che viene oggi consumato da circa 6 milioni di italiani, penalizza fortemente o blocca anche le filiere che con la “droga” non c’entrano nulla, come quello della canapa industriale o della cannabis medica. L’uso della cannabis a fini ricreativi era un aspetto estremamente marginale nell’intero complesso di applicazioni a cui veniva destinata la pianta e fino al 1937 non venne mai considerata dannosa per gli esseri umani e pericolosa per la società.
Nella politica interna degli Stati Uniti la criminalizzazione della cannabis fu funzionale alla élite politica ed economica per due motivi paralleli. Da un lato, rappresentò l’escamotage perfetto per giustificare politiche di controllo sociale indirizzate contro le minoranze etniche. Dall’altro, servì a tutelare gli interessi economici delle industrie emergenti del farmaceutico, del petrolchimico e della carta, le più attive e coinvolte nella campagna propagandistica contro la cannabis.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’influenza statunitense sulle Nazioni Unite garantì il successo dell’espansione globale della guerra alla cannabis e, di conseguenza, della tutela degli interessi delle “tre sorelle”. Così, dopo aver dichiarato la cannabis inutile per scopi medici, nel 1955 l’OMS raccomandava a tutti i governi membri dell’ONU di sopprimerne ogni consumo tra i cittadini, in quanto “da ogni punto di vista – fisico, sociale, mentale e criminologico – la cannabis deve essere considerata pericolosa”. Qualche anno dopo le Nazioni Unite approvavano, come trattato vincolante per tutti gli Stati membri, la Convenzione Unica sugli Stupefacenti. Nel testo, la cannabis veniva per la prima volta nella storia iscritta nell’albo delle droghe ed equiparata a eroina e cocaina nella famosa “tabella IV”, dove sono riportate le sostanze ritenute più pericolose per gli esseri umani. Per capire la non proporzionalità della disposizione, è opportuno notare che le tabelle I, II e III contengono sostanze le cui limitazioni sono di gran lunga inferiori a quelle della tabella IV. Tra le sostanze presenti nella tabella I sono presenti l’oppio, la morfina, il metadone e diverse benzodiazepine.
Da anni, decenni si è capito che siamo di fronte ad una droga leggera (a differenza dell’alcol), anche se non innocua; l’uso continuativo della cannabis sembra avere come effetti collaterali la slatentizzazione di psicosi e patologie psichiatriche, la compromissione di alcune facoltà cognitive tra cui la memoria a breve termine, una ridotta performance scolastica e lavorativa, disturbi dell’umore e a psicosi. Inoltre ci sono tutte le patologie cardio respiratorie dovute alla combustione, come per quanto riguarda il tabacco.
Certo è però che di fronte ai danni provocati dall’alcol è evidente una sproporzione tra come viene trattata la cannabis rispetto al tabacco.
Secondo voi in Italia cambierà mai qualcosa a riguardo? Quando si riuscirà ad avere una visione un pò meno paternalistica ed ideologica di questa sostanza?
Lascia un commento