Gli anni dell’adolescenza di solito sono quelli in cui si vivono “le prime volte”: prima uscita con il/la ragazzo/a che ti piace, il primo bacio, la prima volta che si fa l’amore, prima volta che si fa tardi la sera, ci si apre al mondo e ci si inizia a sperimenta lontano dal nido familiare; esperienze fondamentali per crescere e formare la propria identità. Chi vive questa fase della propria vita in questo periodo storico rischia di dover posticipare queste tappe e di vivere invece altre prime volte: la prima didattica a distanza, il primo lockdown, il primo compleanno senza amici e amiche…

Ho sentito per radio di alcuni nonni che hanno detto di voler rinunciare alla propria dose di vaccino per cederla ai nipoti, in modo che possano tornare a scuola e porre fine a questa reclusione. Ho sentito anche un’altra signora di 80 anni ha detto che secondo lei i vaccini andrebbero somministrati prima ad insegnanti e studenti, in maniera tale da permettere a questi ultimi di poter tornare alla loro vita, perlomeno di mattina, perchè loro sono il futuro, mentre i suoi coetanei sono il passato. Purtroppo queste voci mi sembrano isolate nel coro di coloro che rimproverano i ragazzi e le ragazze di stare troppo vicini, senza le mascherine, o dicono loro: “noi abbiamo vissuto la guerra, che vuoi che sia qualche mese di restrizioni, distanziamento sociale, mascherine, didattica a distanza…pensassero ad Anna Frank…”.

Quali saranno le conseguenze psicologiche e relazionali per questi ragazzi e ragazze, una volta che parentesi di semi prigionia si chiuderanno? Secondo il recente rapporto di Save the Children ben 6 ragazzi su 10 ritengono che il lockdown abbia avuto e stia avendo ripercussioni negative sulla propria capacità di socializzare e sul proprio stato d’animo e umore e allo stesso tempo il 50% dei ragazzi, 1 su 2, ritiene che anche le proprie amicizie abbiano subito ripercussioni negative a causa dell’impossibilità di andare a scuola.

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Escludendo la possibilità di relazionarsi con gli altri gli adolescenti si sono chiusi in sé stessi, dismettendo in qualche modo il loro ruolo. Non hanno voglia di fare dibattiti, di contrastare i genitori e di esprimere il loro punto di vista. La loro voglia di relazionarsi con gli altri, visto che non ne hanno la possibilità, è andata scemando. E per questo motivo la questione della scuola è centrale e tragica. Tolte le scuole viene meno l’asse portante delle relazioni; rischiamo davvero che gli adolescenti finiscano ripiegati su sé stessi. Oggi come oggi non soltanto il presente è diventato arido ma è anche estremamente difficile per i più giovani immaginare il proprio futuro.

I ragazzi e le ragazze che si avvicinano al camper dell’unità di Strada Informabus mi confermano di avere queste difficoltà, questi disagi. Voi cosa ne pensate?

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