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Come stanno gli adolescenti oggi?

Proviamo a dare una risposta dando un occhiata al “Rapporto di Ricerca sulla diffusione dei comportamenti a rischio fra gli studenti delle scuole superiori di secondo grado” pubblicato lo scorso 14 dicembre da Espad – il più grande progetto di ricerca transnazionale sui comportamenti d’uso di alcol, tabacco e sostanze psicotrope degli adolescenti  – e coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche. I risultati parlano chiaro: i due anni di pandemia vissuti fra Dad e lockdown hanno lasciato un segno preciso e ben visibile in pattern di comportamento mai visti in precedenza sugli studenti e le studentesse di età compresa tra i 15 e i 19 anni.

Il Rapporto ha coinvolto 12.406 studenti delle scuole secondarie di secondo grado italiane, esplorando una vasta gamma di comportamenti a rischio. Ne emerge una fotografia dettagliata e attuale di ciò che sta accadendo ai giovanissimi: sempre più connessi eppure sempre più isolati, insoddisfatti e propensi al “rischio”. Il dato che più colpisce, si legge nella prefazione dello studio, “è quello relativo alle giovanissime studentesse che per la prima volta superano nei consumi di molte sostanze psicoattive i coetanei”. Non solo: il 2022 ha anche confermato il sorpasso femminile rispetto alle intossicazioni alcoliche, oltre che nel consumo di psicofarmaci senza prescrizione medica. Nel corso del 2022, le prevalenze femminili di consumo di psicofarmaci nell’anno raggiungono il punto più alto mai registrato (15%). Una componente di genere precisa che indica un’altrettanta specifica evidenza: le ragazze stanno peggio.

Le relazioni aiutano a capire chi si è e, in una fase cruciale come quella dell’adolescenza, assurgono al ruolo fondamentale di “strumento” per scoprire il mondo oltre il nucleo familiare. Ciò nonostante, il 37% degli studenti coinvolti nello studio afferma di aver avuto gravi problemi nel rapporto con i propri amici, soprattutto le ragazze (41%). Non va meglio sul fronte genitoriale. Un terzo degli studenti ha avuto gravi problemi nel rapporto con i propri genitori e, a pagarne il prezzo più alto, sono ancora una volta le ragazze: il 40% non ha un rapporto sereno con la propria famiglia né con gli insegnanti (33% rispetto al 29% dei ragazzi). Relazioni poco distese incidono sul livello di soddisfazione verso sé stessi che, infatti, a partire dal 2011, si è ridotto: la percentuale di studenti che afferma di essere “soddisfatto” o “molto soddisfatto di sé” passa dal 74% al 58%. Tale riduzione risulta ancora particolarmente marcata tra le ragazze (41%), soprattutto in seguito alla pandemia da Covid-19.

Il consumo di tabacco – affermano i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità -rappresenta una delle maggiori cause di mortalità prevenibile a livello globale. Come emerge dal Rapporto Espad-Cnr, “è proprio nel periodo dell’adolescenza che molti individui approcciano il fumo di sigaretta e possono gettare le basi per l’avvio di un’abitudine comportamentale che, con elevata frequenza, assume i contorni di una dipendenza vera e propria da nicotina”.

Nel 2022 sono quasi 1,2 milioni i ragazzi che hanno riferito di aver fumato sigarette tradizionali almeno una volta nella vita (47%), tipologia di consumo che risulta più diffusa tra le ragazze (52% rispetto al 42% dei coetanei).  Il 58% di chi ha fumato almeno una volta nella vita riporta di aver provato il tabacco a 14 anni o prima, il 40% tra i 15 e i 17 anni e solo il 2,6% lo ha fatto una volta raggiunta la maggiore età.

Intossicazioni (bere fino al punto di avere difficoltà nel parlare, problemi di equilibrio e spesso perdita della memoria dell’accaduto) e binge drinking (ovvero l’assunzione di 5 o più bevute in un breve arco di tempo) sono i pattern di consumo eccessivo di alcol che il Rapporto rileva tra gli adolescenti.

Quasi 1 milione di studenti, il 40% del totale, ha sperimentato almeno una volta questi effetti. Le ragazze mostrano percentuali superiori di consumo in tutte le categorie. Come i consumi di alcol più in generale, anche la prevalenza delle ubriacature nell’ultimo anno risulta in aumento. Nei ragazzi, la percentuale non è ancora arrivata a livelli pre-pandemia mentre per le ragazze si raggiunge il valore più alto mai registrato (34,8%). Già negli scorsi anni le differenze di genere si erano assottigliate e, nell’ultimo triennio, le prevalenze femminili hanno superato quelle maschili.

Le relazioni online soppiantano quelle offline, ma il web non è comunque considerato un posto sicuro: nel 2022 il 47% degli studenti è stato vittima di cyberbullismo, quota che equivale a oltre 1 milione di 15-19enni. In particolare, a partire dal 2020, si osserva una maggiore percentuale di ragazze che afferma di essere stata vittima di cyberbullismo. Inoltre, se nel 2022 si osserva una sostanziale stabilizzazione delle percentuali maschili, quelle femminili risultano, se pur di poco, aumentate: le ragazze costituiscono la maggior parte delle vittime in tutte le età prese in considerazione.

Nel 2022, infatti, quasi il 22% afferma di essersi isolato per un periodo di tempo senza andare a scuola e/o vedere nessuno, con quote più elevate tra le ragazze (25% rispetto al 19% dei ragazzi). Il 9,3% dei 15-19enni ha invece riferito che, pur non essendosi mai isolato, avrebbe voluto farlo.

Insomma abbiamo un bel da fare; che ne pensate? Scriveteci o venite a trovarci sul camper!


Dipendenze Tecnologiche

Tra i vari temi che il servizio Informabus affronta, da qualche anno ci sono anche le cosiddette dipendenze tecnologiche, intese come rapporti patologici degli individui con i nuovi mezzi tecnologici.

Il rapporto che noi intratteniamo col mezzo digitale, come accade in ogni tipo di relazione, non è mai neutro e indifferente: può farci entusiasmare, può farci sperimentare sensazioni di gratificazione e benessere, può farci perdere il controllo, può farci sentire insofferenti e rabbiosi (penso a fenomeni come il tecnostress e al computer rage).

La maggior parte di noi è concorde nel considerare che una sostanza chimica sia capace di instaurare un meccanismo di gratificazione, e probabilmente di dipendenza, in tanti invece avrebbero delle riserve sulle capacità di questo nuovo genere di esperienze emotive di ri-creare lo stesso tipo di effetto legato alla dipendenza.

Di fronte, infatti, alle consistenti risorse e potenzialità che il mezzo tecnologico comporta, è necessario considerare che il rapporto con il dispositivo tecnologico potrebbe sfociare, in alcune occasioni ed in determinate personalità,  in condotte disfunzionali, additive e compulsive.

Il profilo di questo genere di individui si caratterizza per:

  • una vulnerabilità narcisistica: profonda fragilità e insicurezza nei confronti dei sentimenti di fallimento e umiliazione, i quali portano la persona ad aggrapparsi ad una qualunque “soluzione autoriparativa”;
  • la dipendenza psicologica: un senso di sé estremamente legato alla reazione/approvazione degli altri;
  • l’intolleranza agli affetti: l’impossibilità e l’incapacità di sopportare sensazioni dolorose le quali, vista la loro natura penosa, devono essere “rimpiazziate” con qualcosa che le neghi e le allontani a scopo difensivo come succede con gli alcolici, il cibo, il gioco d’azzardo e come succede sempre più spesso per mezzo di questo nuovo tipo di dipendenze (shopping online compulsivo, cybersesso, trading online compulsivo, giochi online ecc);
  • compulsività generalizzata: comportamenti che l’individuo mette in atto – in modo coatto e sempre più disperato – perdendo il controllo di sé, pur sapendo essere dannosi per sé, i famigliari, gli amici, il proprio ambito lavorativo, sanitario, legale e finanziario;
  • l’impulsività: una persona incapace cioè di ritardare le gratificazioni, orientata al presente, all’appagamento immediato, non pianificato;

Ma come si fa a capire quando siamo di fronte ad una situazione problematica? Ci sono alcuni comportamenti osservabili che lo possono rilevare:

-Quantità significativa di ore trascorsa in rete

– Connessioni notturne prolungate e problemi con il sonno 

-Attività fisica ridotta

-Evitamento contatto visivo con i familiari 

-Attività sessuale compromessa 

-Scarsa partecipazione ad eventi sociali 

-Limitato uso della televisione 

Irritabilità o rabbia 

Rinuncia o disinteresse per attività non collegate alla rete

Questi segni esprimono difficoltà e problematiche, ma ogni sintomo va indagato nel contesto della persona e nello specifico momento evolutivo del suo percorso di vita, avvalendosi dell’aiuto di un esperto.

Che ne pensate? Scrivetecelo o passate a trovarsi sul nostro camper Informabus, potremo darvi i contatti del servizio di specialisti che si occupano proprio di questo.


Yoga a scuola

ll 5 ottobre è stato pubblicato il Rapporto dell’Unicef intitolato La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani. Le prime stime che ne emergono sono a dir poco allarmanti.

A parlare sono numeri inquietanti: più di un adolescente su 7 (in prevalenza maschio), tra i 10 e i 19 anni, secondo i dati presenta un disturbo mentale diagnosticato (89 milioni, contro i 77 milioni di ragazze). Questo porta quasi 46mila adolescenti ogni anno a togliersi la vita.

Proprio il suicidio è una fra le prime cinque cause di morte nei giovanissimi tra 15 e 19 anni, ma in Europa occidentale diventa la seconda, con 4 casi su 100mila, dopo gli incidenti stradali. La pandemia ha fatto registrare un raddoppio dei tentati suicidi tra gli adolescenti.

Lo Yoga può rappresentare un percorso pedagogico alternativo per aiutare il giovane nel suo sviluppo di crescita individuale. Introdurre nei PTOF (piani triennali di offerta formativa) lo Yoga aiuterebbe i giovani a imparare a relazionarsi con gli altri grazie all’empatia e alla consapevolezza, che matura e affiora a mano a mano che si pratica la disciplina. È un percorso di crescita che conduce al rispetto di sé stessi e degli altri.

Cos’è lo yoga (in breve)

Lo yoga è una pratica indiana millenaria che mira al raggiungimento di un equilibrio e un benessere psicofisico permettendo l’integrazione dei vari piani dell’esistenza umana. La parola “yoga” deriva dalla radice sanscrita “yuj” che significa: ‘giogo’, ‘aggiogare’, ossia mettere insieme la mente, il corpo e lo spirito. Sebbene esistano diversi tipi di yoga, le pratiche si concentrano tipicamente sulle posizioni fisiche (asana), sulle tecniche di respirazione (pranayama) e sulla concentrazione e meditazione (dhyana).

L’adolescenza, si sa, è una fase delicata e complessa, caratterizzata da cambiamenti non solo fisici ma anche emotivi, psicologici e sociali. Solitamente, un figlio adolescente viene descritto come irascibile, impulsivo, in perenne conflitto con i genitori e incurante delle regole. A determinare l’insorgenza di rabbia, stress, ansia o depressione, concorrono spesso le trasformazioni ed eventi di vita che possono aumentare la vulnerabilità di ragazzi e ragazze. Diversi studi effettuati nel corso degli anni hanno dimostrato che lo yoga in adolescenza offre una serie incredibile di benefici, ponendosi come un supporto estremamente valido a livello mentale, emotivo e fisico.

Grazie allo yoga educativo in maniera trasversale alle altre discipline viene favorita la crescita del giovane anche da un punto di vista educativo. Sono ormai riconosciuti gli effetti benefici della disciplina, capace di:

  • stimolare e rinvigorire i processi di apprendimento quali la concentrazione e la memoria;
  • rafforza le energie della crescita:
  • favorisce il rispetto verso sé stessi e gli altri aiuta a prevenire situazioni di disagio o episodi di bullismo;
  • favorisce lo sviluppo di una personalità equilibrata;
  • favorisce il valore della propria personalità che non deve omologarsi intellettualmente.

Sono maturi i tempi per vedere la scuola non solo come luogo di apprendimento nozionistico, bensì luogo atto anche ad insegnare ai giovani come prendersi cura di sé stessi e delle proprie emozioni.

Insegnare ad ascoltarsi può essere una strada concreta per aiutare i giovani ad avere strumenti reali per gestire la rabbia, la tensione, i conflitti che possono vivere nel loro cammino verso il mondo adulto.

Secondo la comunità scientifica, lo yoga integrato nelle attività scolastiche apporta un contributo significativo nell’alleviare lo stress, l’ansia, migliorare l’umore e le capacità di autoregolazione emotiva. Oltre a un incrementato dei livelli di autostima e consapevolezza di sé tra i ragazzi alle scuole superiori, migliora anche le loro capacità cognitive

In Italia, esiste da anni la possibilità per le scuole di aderire su base volontaria al Protocollo d’Intesa attivo dal 1998 (e rinnovato nel 2015) tra Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e la Federazione Italiana Yoga (FIY) per l’insegnamento dello yoga in tutte le scuole pubbliche italiane. Il Protocollo prevede che a insegnare lo yoga nelle scuole italiane di ogni ordine e grado – da quelle dell’infanzia fino alle superiori, sia come materia curriculare che extracurriculare – siano gli insegnanti che appartengono all’Albo professionale della Federazione Italiana Yoga (FIY).  Dunque muoviamoci, rendiamo concreta questa possibilità, cosa aspettiamo?


Tagliarsi la pelle

Prendendo spunto da un racconto di un genitore che poco tempo fa è salito sul camper del servizio Informabus e ci ha raccontato di su* figli* che si taglia, oggi parliamo di questa pratica che riguarda molt* adolescenti.

Partiamo da una definizione: si chiama cutting (tagliarsi) la diffusa e attuale tendenza da parte dei teenager, di solito ragazze, a tagliare, incidere, ferire la superficie della propria pelle, soprattutto di gambe e braccia, con lamette, coltelli affilati, temperini, punte di vetro, lattine usate, o quant’altro. Può trattarsi di un singolo episodio o diventare abituale. Il cutting può diffondersi in modo epidemico in gruppi di amici, o di pari anche grazie alla rete, con un escalation di progressiva emulazione e autoemulazione.

“La pelle è il confine col mondo, il corpo è l’unica cosa sulla quale un adolescente – in quella fase della vita – sente di avere un potere, e quel potere lo affascina”.

Non c’è un’unica spiegazione che renda conto dei motivi per cui una persona può decidere di tagliarsi. Se alcuni ragazzi e ragazze si tagliano, è per controllare e interrompere, in modo indiretto, un dolore mentale troppo forte, un’angoscia troppo intensa e insostenibile: preferiscono soffrire nel corpo che psicologicamente, preferiscono il dolore fisico al dolore mentale e fanno in modo che il dolore fisico prenda il posto di quello mentale. Le ferite inflitte al corpo sono un mezzo estremo con cui lottare contro la sofferenza psicologica.

Per altri adolescenti tagliarsi è un modo per percepire di esistere ed essere vivi: meglio un dolore fisico che non sentire niente o sentirsi vuoti e inutili.

Tagliarsi dà l’illusione di un sollievo, a volte addirittura euforia, come se dai tagli fuoriuscissero finalmente le emozioni che non si riescono a tollerare dentro di sé: la disperazione, la tristezza, il sentirsi rifiutati, la solitudine e soprattutto la rabbia verso qualcun altro da cui si sente di dipendere e che si teme si allontani. È una rabbia che diventa odio contro se stessi e la propria incapacità nel gestire una data situazione.

Tagliarsi, ma anche bruciarsi con le sigarette (burning) o marchiarsi a fuoco la pelle con un laser o un ferro rovente (branding) o grattarsi sino a farsi uscire il sangue, permette, in assenza di strategie più mature e funzionali, di ristabilire un equilibrio, di ricollocarsi nella propria vita, di esprimere la propria indipendenza affettiva dai genitori o una sfida nei confronti delle regole che questi ultimi vogliono imporre.

I segni e le cicatrici lasciati da questi gesti autodistruttivi racchiudono una sofferenza per la quale la persona non ha ancora trovato parole per raccontarla e spiegarla.

Cutting, burning e branding sono comportamenti particolarmente frequenti durante l’adolescenza. E questo non è un caso, se teniamo presente che il corpo che cambia, amato e al tempo stesso rifiutato, il corpo dove nasce il desiderio sessuale e in cui si radica l’identità è il terreno di battaglia di ogni adolescente, di ogni ragazzo e ragazza.

Con il tagliarsi, l’adolescente può cercare una disperata via d’uscita dalla fatica per lui insostenibile della crescita, dal senso di fallimento per il non sentirsi in grado di farcela a diventare grande.

L’adolescenza è sicuramente una fase di trasformazione e una trasformazione non è mai un passaggio facile. Ci pensate alla farfalla che esce fuori dalla crisalide, alla nascita di un bambino o, più banalmente al germogliare di un seme. Quel seme si taglia, si rompe in due e, per farlo, marcisce nella terra. Il seme soffre e deve smettere di essere un seme per diventare germoglio. Quel vecchio e bozzuto seme deve lasciarsi morire affinché nasca il germoglio. Il tagliar potrebbe essere visto come un rito per far si che il seme riesca a germogliare, l’adolescente a crescere. In altri casi il tagliarsi potrebbe essere una richiesta d’aiuto. Se insieme al cutting ci sono dipendenze, traumi, abusi, disagi, disturbi di apprendimento, autismo, maltrattamenti o qualsiasi altro evento infausto, ce ne dobbiamo accorgere. Se un adolescente va a scuola, studia, esce con gli amici, guarda la tv, mangia, scrive e si incazza… ogni tanto è felice, ma questo lo riuscirà a dire qualche decade più tardi. Se la qualità della sua vita in tutte queste manifestazioni è buona, allora qualche taglio non deve impaurire troppo, Certo bisogna tener d’occhio la situazione e dimostrare di esserci al bisogno, senza essere invadenti. Che ne pensate? Scriveteci, venite a trovarci sul camper!























Alcol e Cannabis

Una delle domande più frequenti che le ragazze e i ragazzi che salgono sul camper Informabus fanno a noi operatori è perchè l’alcol è legale e cosi accessibile e la cannabis invece illegale e cosi demonizzata; oggi l’articolo parla proprio di questo.

Il nostro è evidentemente un paese di bevitori, tanto che consuma aperitivi alcolici, amari e superalcolici quasi il 50% della popolazione, dagli 11 anni in su (58,1% uomini – 34,6% delle donne). Secondo i dati dell’Istat relativi al biennio 2020-2021 (quelli che riguardano il 2022 saranno elaborati il prossimo anno insieme ai dati del 2023) il 15% degli adulti italiani compresi tra i 18 e 69 anni consuma alcolici in modalità o quantità ritenute “a maggior rischio” per la salute: insomma, secondo l’istituto di statistica, 8,7 milioni di italiani hanno problemi con l’alcol.

Sappiamo che a piccole dosi, incrementando la dopamina presente nel circuito mesolimbico della ricompensa, e rilasciando endorfine, porta a sensazioni di gioia, euforia e condivisione; l’assunzione di alcol altera l’attività cerebrale e ha effetti negativi sulle capacità di risoluzione dei problemi e sulla memoria.  

Influisce sul pensiero razionale, nel sopprimere la rabbia e nel fare scelte consapevoli. Tutti effetti che peggiorano all’assunzione di altro alcol; sino al coma etilico. 

Ma il danno non è solo per chi abusa: oltre 20 miliardi di euro all’anno vengono spesi dallo Stato per problematiche sanitarie e sociali dovute all’abuso di alcol come incidenti, morti, perdita di produttività, assenteismo, disoccupazione, costi sanitari. 

rappresentanti dell’attuale governo alla fiera Vinitaly

Per sostenere il mercato degli alcolici, leggermente in calo durante gli anni di pandemia, i politici italiani hanno preferito evitare di imporre etichette che mettano in guardia il consumatore in merito ai danni che l’alcol provoca alla salute. Purtroppo il vino non fa “buon sangue”, perché determina malassorbimento e cattivo funzionamento epatico; esattamente al contrario di quel che sostiene la “saggezza popolare”.  Eppure sono oltre 30 milioni gli italiani che consumano, più o meno regolarmente, alcolici. Non è per l’economia che l’alcol è legale, date le tante conseguenze negative del consumo, ma per soddisfare la volontà popolare. È un piacere a cui troppe persone non vogliono rinunciare. Non si vieta l’alcol, nonostante in Italia muoiano la media di 48 persone al giorno a causa del suo consumo. L’alcol è socialmente accettato e largamente pubblicizzato, anche se provoca forte dipendenza fisica. Quando si tratta d’alcol, il problema è il consumatore, non la sostanza in sè.

Sarebbe meraviglioso se si usasse la stessa logica per la cannabis: questa pianta ha una storia più antica della vite. La canapa ha accompagnato l’evoluzione umana; basti pensare alle corde, la carta, i tessuti e i farmaci. L’uso ricreativo del fiore risale a oltre 2.500 anni fa. Il proibizionismo di un fiore che non ha mai provocato un solo morto nella storia dell’umanità, e che viene oggi consumato da circa 6 milioni di italiani, penalizza fortemente o blocca anche le filiere che con la “droga” non c’entrano nulla, come quello della canapa industriale o della cannabis medica. L’uso della cannabis a fini ricreativi era un aspetto estremamente marginale nell’intero complesso di applicazioni a cui veniva destinata la pianta e fino al 1937 non venne mai considerata dannosa per gli esseri umani e pericolosa per la società.

pubblicità delle campagne di demonizzazione cannabis negli anni 50 del secolo scorso

Nella politica interna degli Stati Uniti la criminalizzazione della cannabis fu funzionale alla élite politica ed economica per due motivi paralleli. Da un lato, rappresentò l’escamotage perfetto per giustificare politiche di controllo sociale indirizzate contro le minoranze etniche. Dall’altro, servì a tutelare gli interessi economici delle industrie emergenti del farmaceutico, del petrolchimico e della carta, le più attive e coinvolte nella campagna propagandistica contro la cannabis.

altra pubblicità della campagna di demonizzazione della cannabis

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’influenza statunitense sulle Nazioni Unite garantì il successo dell’espansione globale della guerra alla cannabis e, di conseguenza, della tutela degli interessi delle “tre sorelle”. Così, dopo aver dichiarato la cannabis inutile per scopi medici, nel 1955 l’OMS raccomandava a tutti i governi membri dell’ONU di sopprimerne ogni consumo tra i cittadini, in quanto “da ogni punto di vista – fisico, sociale, mentale e criminologico – la cannabis deve essere considerata pericolosa”. Qualche anno dopo le Nazioni Unite approvavano, come trattato vincolante per tutti gli Stati membri, la Convenzione Unica sugli Stupefacenti. Nel testo, la cannabis veniva per la prima volta nella storia iscritta nell’albo delle droghe ed equiparata a eroina e cocaina nella famosa “tabella IV”, dove sono riportate le sostanze ritenute più pericolose per gli esseri umani. Per capire la non proporzionalità della disposizione, è opportuno notare che le tabelle I, II e III contengono sostanze le cui limitazioni sono di gran lunga inferiori a quelle della tabella IV. Tra le sostanze presenti nella tabella I sono presenti l’oppio, la morfina, il metadone e diverse benzodiazepine.

Da anni, decenni si è capito che siamo di fronte ad una droga leggera (a differenza dell’alcol), anche se non innocua; l’uso continuativo della cannabis sembra avere come effetti collaterali la slatentizzazione di psicosi e patologie psichiatriche, la compromissione di alcune facoltà cognitive tra cui la memoria a breve termine, una ridotta performance scolastica e lavorativa, disturbi dell’umore e a psicosi. Inoltre ci sono tutte le patologie cardio respiratorie dovute alla combustione, come per quanto riguarda il tabacco.

Certo è però che di fronte ai danni provocati dall’alcol è evidente una sproporzione tra come viene trattata la cannabis rispetto al tabacco.

Secondo voi in Italia cambierà mai qualcosa a riguardo? Quando si riuscirà ad avere una visione un pò meno paternalistica ed ideologica di questa sostanza?


adolescenti di oggi

L’articolo di oggi prende spunto da un recente laboratorio all’interno di un ciclo di formazione promosso dal Comune di Ancona sugli adolescenti.
Ad un certo punto il relatore ci ha fatto dividere in gruppi chiedendoci di descrivere i ragazzi e le ragazze di oggi, cercando però i lati positivi, per non scadere nel giudizio, cosa assai facile per un adulto.
Le caratteristiche peculiari venute fuori sono state le seguenti:
-bisogno di essere accettati dai coetanei
– una propensione al rispetto della diversità in generale (sessuale, etnica, di diverse
abilità)
– solidarietà tra pari e forte senso di giustizia
– rispetto alle generazioni precedenti un minor senso dell’autorità con conseguente minor rispetto nei confronti degli
adulti
– differente modalità di esprimersi, sono più coincisi
– maggior proiezione all’esterno piuttosto che all’interno, nel senso che sono più in grado di vedere e capire gli altri che sè stessi
– bisogno di far parte di un gruppo, che però è spesso solo virtuale, nella realtà faticano a trovarlo.
Ragionando su questi peculiarità sembrerebbe che, a parte la prima caratteristica (che avevamo già sottolineato prima che il formatore ci ricordasse di evidenziare solo gli aspetti positivi), in fondo forse i giovani di oggi sono una versione più evoluta della generazione precedente, cosi come la mia era più evoluta di quella dei miei genitori, e quella dei miei genitori era più evoluta di quella dei miei nonni, e via dicendo…

Certo, tralasciando le caratteristiche negative non può non emergere un profilo positivo che fa ben sperare e per un attimo fa accantonare tutta la preoccupazione e paura per il disagio adolescenziale di oggi.  Ma la realtà è che sono aumentate le minacce di suicidio e i comportamenti autolesivi, i disturbi del comportamento alimentare, i conflitti fra genitori e figli, i ragazzi che hanno deciso di ritirarsi dalla scuola e dalla vita sociale e tante altre manifestazioni di sofferenza psichica adolescenziale. Tutti i Servizi per l’età evolutiva sono alle prese con un eccezionale numero di richieste di intervento, alcuni dei quali molto preoccupanti. Rispetto alle generazioni precedenti secondo Matteo Lancini presidente dell’associazione Minotauro di Milano, docente di psicologia all’Università degli Studi di Milano Bicocca gli adolescenti hanno perso la tendenza a trasgredire e a opporsi agli adulti ed esprimono il proprio disagio e le sofferenze evolutive attaccando sé stessi e il proprio corpo. In passato prevalevano manifestazioni sintomatiche legate alla difficoltà nell’accettazione del corpo erotico e sessuale. Ora la sofferenza ha a che fare con il corpo estetico, e infatti non si percepiscono mai sufficientemente belli, e la mancanza di notorietà, cioè non ci si sente mai abbastanza popolari. Gli adulti, difensivamente, accusano internet, ma la società degli iper-ideali e del “successo a tutti i costi” non è attribuibile solo alla rete. Internet è un ambiente che ha amplificato miti affettivi e modelli di identificazione adulti che transitano quotidianamente anche da altri mass-media e, soprattutto, dalla quotidianità dei nostri atteggiamenti.

In adolescenza non si soffre esclusivamente per ciò che è accaduto in passato, ma soprattutto per ciò che si percepisce non potrà accadere. La sofferenza, il disagio adolescenziale dipende moltissimo dall’assenza di prospettive future. Il dolore deriva dalla sensazione di non poter realizzare i propri compiti evolutivi, di non riuscire a costruirsi una propria identità, di non intravedere la possibilità di realizzazione di sé e di sé nella società di cui si fa parte. Lascio al lettore l’analisi di ciò che è accaduto negli ultimi anni rispetto al pianeta, ai mari, all’atmosfera e all’economia. Ci sono stati adulti che hanno fatto pensare ai giovani che stessimo pensando a loro e al loro futuro? Ognuno risponderà come crede a questa domanda, magari anche cosi: “Ma chi se ne frega dei giovani e del loro futuro”.

L’adolescenza è una “seconda nascita”. A questa età si è chiamati, in primis dalla biologia, a realizzare dei nuovi compiti evolutivi, ad accettare trasformazioni del corpo non richieste e a lavorare mentalmente sui processi di separazione e individuazione. Se il corpo portato in dote dal cambiamento puberale non ti piace, se senti di non riuscire a realizzare i processi separativi dai tuoi genitori, se non riesci a investire nel ruolo di studente e ad avere una presenza riconosciuta all’interno del gruppo dei coetanei, soffri enormemente. Il blocco evolutivo dipende moltissimo dal sistema di rappresentazione del ragazzo o della ragazza, dai propri vissuti e dal proprio modo di guardare a sé stessi e alla propria realizzazione. Rappresentazioni proprie ma costruite all’interno di un contesto familiare, scolastico e sociale. Quando un adolescente è incastrato nel canale del parto della seconda nascita è meglio trattare seriamente la vicenda, non banalizzare: “Ma si, cosa vuoi che sia, passerà”; “Non dire stupidate, sei bellissima”. Sono risposte difensive provenienti da adulti troppo fragili per poter diventare qualcuno a cui chiedere aiuto, per poter essere un riferimento davvero autorevole per un adolescente.

Sempre secondo il prof. Lancini quello su cui ci troveremo a interrogarci maggiormente nei prossimi anni sia proprio quello relativo al progressivo disinteresse verso la sessualità. Agli adolescenti interessa sempre di più essere presente nella mente dell’altro, non di compenetrarne il corpo. La precocizzazione di bambini e bambine, che si vestono come ci vestivamo noi negli ultimi anni delle scuole superiori, non deve far pensare a un debutto anticipato del rapporto sessuale completo e a un desiderio senza freni. La società del futuro è fatta di compenetrazione nella mente dell’altro, il piacere è nell’essere sempre presenti nei pensieri dei tuoi coetanei. Per questo già ora contano di più i selfie e il sexting che il rapporto sessuale completo. Anche qui non è responsabilità di internet ma di come gli adulti hanno sostenuto la crescita dei bambini odierni e utilizzato loro internet.


Il contesto all’interno del quale le generazioni crescono conta eccome. Infatti i disagi più diffusi degli ultimi anni sono il disturbo della condotta alimentare femminile e il suo equivalente maschile: il ritiro sociale. Si tratti di modalità di soffrire che hanno a che fare con le richieste provenienti dai miti affettivi e culturali della nostra società. Sono disagi e patologie etniche, presenti solo in alcune regioni del nostro pianeta. Non esiste l’anoressia nei luoghi dove il cibo scarseggia, così come non esiste il fenomeno degli Hikikomori laddove il corpo dei figli non è sotto sequestro delle angosce adulte.

Il Lancini da tre consigli ai genitori di figli adolescenti:

  1. Alla sera a tavola chiedere ai figli “come è andata oggi in internet”, non solo interessarsi della scuola
  2. Condividere insieme ai figli il tema del dolore, della sofferenza, degli inciampi e della morte come parte costituente e creativa della vita.
  3. Smetterla di farsi attrarre dalle facili soluzioni sotto forma di ricette (tipo: “i 10 consigli per essere un bravo genitore”, “fate spegnare il cellulare la sera a cena a vostro figlio”) e interessarsi autenticamente a chi si ha davanti: ogni figlio/a è unico e non merita semplificazioni e una mamma e un papà “da ricetta”.

Che ne pensate? Parliamone, sul blog, sui social o veniteci a trovare sul camper Informabus!


Studenti: disagio e suicidi

Oggi vogliamo affrontare un tema tra i più spigolosi: i suicidi tra i giovani, in particolare tra gli studenti: 4 episodi nei primi 2 mesi del 2023 e quasi 15 negli ultimi 3 anni. Le motivazioni sembrano essere le stesse: il disagio derivante dalla pressione sociale e la paura di non essere all’altezza dei modelli di performance ed eccellenza imposti dalla nostra società.
La scuola e l’università sicuramente non sfuggono a queste logiche, anzi la direzione è chiara più che mai; addirittura il governo attuale ha cambiato il nome del ministero in questione da “ministero della pubblica istruzione” a “ministero dell’istruzione e del merito”. Bisogna però dire che gesti estremi come il suicidio non possono che avere varie motivazioni. Sicuramente la pandemia ha acuito il disagio rendendo più difficile costruire relazioni significative e genuine.


Negli scorsi mesi non pochi dei giovani suicidatisi avevano fatto credere alla famiglia di essere al pari con gli esami o addirittura di essere in prossimità della laurea.
Lo scorso luglio un iscritto della facoltà di Medicina in lingua inglese, dell’Università di Pavia, prima di togliersi la vita ha inviato un’email al Rettore in cui sottolineava la paura di perdere la borsa di studio e quindi la possibilità di vivere negli alloggi dell’ateneo.
E se fosse proprio la logica del costruire l’eccellenza ad essere foriera di problemi? L’essere fuoricorso, le tasse alte da pagare, il merito come criterio di assegnazione delle borse di studio che vincola il diritto allo studio, lo stress a cui gli studenti sono costretti a causa delle difficoltà nel trovare casa, visto che sono obbligati a spostarsi fuori città e pagare l’affitto per fare i pendolari.

Ai giovani viene chiesto di essere performanti, eccellenti, in regola con gli esami, molti non riescono a tenere il ritmo e ne soffrono, ma non tutti hanno il coraggio di chiedere aiuto.

Anche la pressione dei media ha il suo peso; dello studente si parla solo quando eccelle o quando non regge il fardello della sua sofferenza e si toglie la vita. A chi giova scrivere decine di articoli sullo studente record? Allo studente record e alla sua famiglia. Alla sua università privata, spesso, perché è una forma di marketing. A chi nuoce? A molti altri evidentemente, troppi per essere sepolti nel silenzio. Costruire l’eccellenza ha un prezzo. Ed è quello che gli studenti sono costretti a pagare tutti i giorni.


Informabus Vs Nazisti

In questi giorni si ricorda lo sterminio degli ebrei ad opera del regime nazista, l’olocausto, in cui si provò a sterminare chi apparteneva a questa religione.

Durante quegli anni furono perseguitate anche altre categorie di persone; oltre ai polacchi, a chi aveva idee politiche che si opponevano al regime, ai malati di mente ed ai disabili, furono perseguitate anche alcune categorie di persone che incontriamo nella nostra attività di unità di strada.

Da sempre il servizio Informabus si occupa di sessualità e promuove la consapevolezza ed il rispetto per la diversità degli orientamenti sessuali.
Gli omosessuali invece erano visti dai Nazisti come socialmente “devianti”. I Nazisti li consideravano un pericolo per le politiche naziste volte ad aumentare la natalità tedesca. Tra il 1933 e il 1945, circa 100.000 uomini furono arrestati in Germania ai sensi del Paragrafo 175 del Codice penale tedesco. Dei 50.000 uomini condannati come “vittime del § 175”, tra i 5.000 e 15.000 furono imprigionati nei campi di concentramento. Centinaia, forse migliaia, morirono a causa dei maltrattamenti.


Un altro dei temi di cui si occupa l’unità di strada è quello delle dipendenze e delle difficoltà che incontra chi ne è vittima; il regime nazista perseguiva anche gli “asociali”, ossia alcolisti e tossicodipendenti, disoccupati e senzatetto, beneficiari dell’assistenza sociale, prostitute, mendicanti. Quando nelle nostre attività entriamo in contatto con persone che hanno problemi di questo tipo li indirizziamo ai servizi socio sanitari che possono aiutarli.

Nelle nostre uscite pomeridiane e notturne sia in centro che in periferia spesso incontriamo ragazzi di etnia Rom; con alcuni di loro negli anni abbiamo costruito un rapporto di rispetto e di fiducia reciproca.
Durante il regime nazista invece vennero Rom e Sint additati come minaccia razziale e socialmente “devianti”.
Spesso definiti come “zingari”, i membri di questa minoranza etnica sono organizzati in gruppi distinti chiamati “tribù” o “nazioni”. I Sint erano generalmente predominanti in Germania e nell’Europa occidentale. I Rom provenivano principalmente dall’Austria e dall’Europa orientale e meridionale. Rom e Sint erano considerati dai Nazisti come “asociali” (cioè al di fuori della società considerata “normale”), di razza “inferiore”, e additati come la cosiddetta “piaga degli zingari”. Si stima che un milione di membri di questa minoranza vivesse in Europa prima della guerra. Fino a 250.000 di loro furono uccisi dalla Germania nazista e dai suoi collaboratori durante la guerra. Uomini, donne e bambini furono vittime del genocidio e inclusero sia Rom e Sint nomadi, il cui numero era in declino negli anni Trenta, sia le persone con fissa dimora in città e villaggi.

Nella Germania nazista alcuni individui identificati come “zingari” furono anche sterilizzati contro la loro volontà. Un ulteriore numero imprecisato di Rom e Sint fu imprigionato nei campi di concentramento perché considerato “asociale”.
Non dimentichiamo, vi aspettiamo sul camper o sui social per parlare anche di questo!


L’amore e la paura

Avrete sentito della storia di qualche settimana fa della ragazza di Castelfiorentino cacciata di casa perchè lesbica, con la madre che le ha augurato un tumore oltre ad aver dichiarato che preferiva che la figlia fosse drogata piuttosto che omosessuale, perchè perlomeno nel primo caso c’è una cura. L’avrebbe anche minacciata di ucciderla se fosse tornata perchè “meglio 50 anni di galera che una figlia lesbica”.

Questa la reazione della sua famiglia alla lettera con cui ha scelto di fare “coming out”. Poichè la ragazza aveva paura della reazione dei suoi, ha preferito scrivere una lettera nella quale chiedeva loro di starle accanto e l’ha lasciata nel cassetto della mamma, la mattina prima di uscire per andare a lavoro. Una volta tornata da lavoro però i genitori non le hanno aperto più la porta di casa, cosi non ha potuto piu neanche prendere le sue cose, ha perso tutto, lei che prima di dire di essere gay aveva un ottimo rapporto con la madre. Ciònonostante Malika non si è pentita ed è giustamente fiera di essere stata cosi coraggiosa da fare comunque la cosa giusta, seguendo il suo cuore.

Come spiegare questo voltafaccia cosi violento, se non con la paura che ha invaso i genitori della ragazza toscana? Paura della diversità? Come se fosse cosi diverso vivere con una persona ed amarla solo perchè è attratta da persone dello stesso sesso, invece che del sesso opposto. Paura di ciò che non si conosce…Paura del giudizio degli altri? Cosa diranno i vicini, i parenti, gli amici? Paura che, nel caso dei genitori della coraggiosa ragazza , acceca e copre, supera, neutralizza l’amore, anche quello per una figlia. Invece l’amore di Malika, forse reso ancora più forte e limpido dal suo venire allo scoperto, fa si che lei stessa sia riuscita a dimostrare compassione nei confronti di sua madre e suo padre; la figlia reietta ha infatti chiesto di non odiare i suoi genitori, capendo che anche loro hanno bisogno di aiuto.

Purtroppo esistono ancora molte storie come questa, di giovani vittime che come Malika sono state rifiutate dalla loro famiglia fino ad essere cacciate di casa e questo mette ancora una volta in luce quanto sia necessario provvedere a infrastrutture sociali in grado di sostenerle, accoglierle, accompagnarle. Altra necessità messa in luce da queste storie è quella di approvare il Ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia da mesi in attesa di approvazione in Senato, provvedimento tenuto in ostaggio dai partiti di destra e centrodestra. Voi che ne pensate?


La capacità di prendere decisioni e le altre life skills

Tante volte sul camper mi trovo a parlare con le ragazze ed i ragazzi dell’importanza della consapevolezza nelle scelte che fanno riguardo ai comportamenti a rischio. Fare sesso occasionale con o senza preservativo, provare una sostanza o non provarla, o piu semplicemente bere alcolici a stomaco vuoto o pieno può cambiare non solo una serata, ma anche un’intera esistenza.

La “capacità di prendere decisioni” rientra nel novero delle 10 “life skills”, l’insieme di abilità sociali, cognitive e personali che consentono di affrontare positivamente le richieste e le sfide che ci riserva la vita quotidiana. Vediamole un pò nel dettaglio:

  1. la capacità di prendere decisioni ovvero decision making: saper elaborare in modo attivo il processo decisionale sostenendo la decisione più opportuna;
  2. la capacità di risolvere i problemi  (il problem solving) saper risolvere in modo costruttivo i problemi e le criticità;
  3. il pensiero creativo, cioè l’abilità di trovare soluzioni alternative alle svariate situazioni che si presentano nella vita. Essa ha un ruolo importante nella richiestissima capacità di problem solving;
  4. il senso critico: la capacità di ri-elaborare in modo autonomo e oggettivo situazioni e avvenimenti; il pensiero critico potrebbe sostenere moltissimo i giovani a contrastare e gestire meglio quelli che sono gli innegabili “rischi” che si celano in un utilizzo “non etico della Rete internet”;
  5. la comunicazione efficace: sapersi esprimere in modo efficace nelle diverse situazioni, saper esprimere sentimenti, bisogni e stati d’animo in modo appropriato, essere in grado di ascoltare l’altro;
  6. la capacità di relazionarsi con gli altri, ossia l’abilità di stabilire e mantenere relazioni significative in modo positivo e saper interrompere relazioni, se necessario, in modo costruttivo e non violento;
  7. la conoscenza di sé, delle proprie abilità, dei propri punti di forza e di debolezza e dei propri bisogni;
  8. l’empatia ossia la capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, cioè di ascoltare senza pre-giudizi, cercando di capire il punto di vista dell’altro;
  9.  la gestione delle emozioni: consapevolezza delle proprie emozioni e la capacità di gestione delle stesse in un contesto multiplo;
  10. la gestione dello stress ovvero la capacità di riconoscere le cause che creano tensione, di saper mettere in atto dei cambiamenti, di sapersi adattare alle situazioni.

Tali competenze possono essere raggruppate secondo 3 aree:

  • EMOTIVE- consapevolezza di sè, gestione delle emozioni, gestione dello stress
  • RELAZIONALI – empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci
  • COGNITIVE – risolvere i problemi, prendere decisioni, pensiero critico, pensiero creativo

Ormai quasi 30 anni fa, nel 1993, per la prima volta il Dipartimento di Salute Mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva confermato tali abilità psicosociali quali competenze privilegiate per promuovere l’educazione alla salute nell’ambito scolastico e, prima ancora, nell’ambito personale.

Sempre secondo l’OMS la fascia di età adatta per cominciare ad apprendere tali competenze sia tra i 6 e16 anni, periodo in cui eventuali comportamenti a rischio non sono ancora cristallizzati. Ma queste abilità sono importanti in tutte le fasi della vita di una persona e in ogni contesto, a scuola, in ambiente lavorativo, ma in generale nella vita quotidiana. Possedere adeguate competenze interpersonali, ad esempio, ti permette di avere relazioni migliori perché basate sulle interazioni sicure e scambi basati sul reciproco rispetto. Nelle scuole spesso vengono trasmesse competenze che riguardano le materie di studio, ma l’arte di “imparare a vivere” è spesso relegata al “fai da te.” Oppure se sei fortunato, ti imbatti nel servizio Informabus che nei suoi progetti negli istituti superiori, e durante le sue uscite per le strade e per le piazze di Ancona ha spesso parlato ai ragazzi con cui è venuto in contatto.

Volete approfondire il discorso? Commentate l’articolo, oppure scriveteci ai nostri account facebook o instagram, o se preferite vi aspettiamo sul nostro camper colorato che gira per la città!


Quale libertà per i diritti lgbtiq?

Uno degli argomenti che a volte emergono nei dialoghi che il servizio Informabus ha con i ragazzi e le ragazze che si avvicinano all’unità di strada è quello dell’omosessualità. Ad esempio quando si parla di preservativi capita che uno dei ragazzi prenda in giro un altro del gruppo dicendo che lui il preservativo lo utilizza con persone dello stesso sesso. Probabilmente si tratta di uno scherzo bonario che però riflette ancora una mentalità discriminatoria nei confronti di orientamenti sessuali minoritari. In queste circostanze non perdiamo occasione per parlare dell’importanza del rispetto per chi vive la propria sessualità in maniera diversa.

Non dimentichiamo che solo nel 1973 l’American Psychiatric Association rimosse l’omosessualità dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, negando così la sua precedente definizione di omosessualità come disordine mentale. Oggi, perlomeno nella maggior parte dei paesi l’essere gay o lesbiche non è più punito dalla legge, ma ancora d’altra parte, molte nazioni del Medio Oriente e africane, così come vari stati asiatici, caraibici e sudpacifici, ritengono l’omosessualità illegale. In sei nazioni il comportamento omosessuale è punibile con l’ergastolo; in altre dieci la pena può giungere alla morte.

Secondo Wikipedia l’omosessualità è una variante naturale del comportamento animale che comporta l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale verso individui dello stesso sesso. Nella definizione di  orientamento sessuale, l’omosessualità viene collocata nel continuum etero-omosessuale della sessualità umana, riscontra in molte specie animali e in molte antiche culture le relazioni omosessuali erano altamente diffuse.

Tornando ai nostri giorni ci piace riportare la notizia che pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che dichiara i Paesi Ue “zona di libertà” per le persone “Lgbtiq”, ovvero  lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer. Si tratta di un atto simbolico per denunciare tutte le forme di violenza e discriminazione fondate sul sesso o l’orientamento sessuale delle persone, nonchè per prendere posizione contro ciò che sta accadendo in Polonia ed Ungheria. Nel documento approvato dall’europarlamento viene sottolineato che dal marzo 2019 più di 100 regioni, distretti e comuni polacchi si sono autodefiniti zone libere dalla cosiddetta ideologia LGBTIQ e che nel novembre 2020 la città ungherese di Nagykáta ha approvato una risoluzione che vieta la “diffusione e promozione della propaganda LGBTIQ”.

Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro questa documento, ma daltronde non c’è da stupirsene viste le ideologie xenofobe ed intolleranti da cui provengono i due partiti della destra radicale italiana. Non a caso sempre La Lega e Fratelli d’Italia si sono anche opposti alla legge contro l’omofobia approvata alla Camera, ma non in Senato, che punirebbe col carcere chi commette violenza o incita a farlo sulla base dell’orientamento sessuale. L’Italia è uno dei pochi Paesi europei a non avere una legge che tuteli in modo adeguato e specifico la comunità Lgbtqi. Secondo alcuni, a quanto pare, non c’è questa necessità.

Ma la realtà qual’è? Ogni anno nel “bel paese” si verificano da 100 a 200 casi di violenza e discriminazione nei confronti di appartenenti alla comunità lgbtiq, Nei registri delle associazioni LGBTQI dell’Italia settentrionale la metà degli iscritti viene dal Sud. Vuol dire che è altissima la percentuale di persone che abbandonano le proprie case, le proprie città, il proprio mondo nelle regioni del Sud per fuggire al Nord e sfuggire a pregiudizi e violenze. Si va  dalle aggressioni, agli adescamenti a scopo di rapina, ricatto o estorsione, poi ci sono violenze familiari,  discriminazioni o insulti in luoghi pubblici, come bar o ristoranti, scritte infamanti su muri, auto, abitazioni, infine hate speech e di incitazione all’odio.

Sapete qual’è la percentuale di gay in Italia sulla popolazione totale? Il 5% dei nostri concittadini è gay e lo 0,1 trans. Ve l’aspettavate una cifra cosi? Io sinceramente no, sarà perche’ ancora, anche se meno di qualche anno fa, gli omosessuali e gli altri lgbtiq sono vittime di violenza e discriminazione, e non sono affatto incentivati a mostrare i loro sentimenti ed il loro modo di essere. Sarebbe ora nel 2021 no? Voi che ne pensate?


Pillola abortiva, si o no?

Qualcuno che sta leggendo quest’articolo per caso sabato scorso 6 febbraio è passato in piazza Roma verso le 17:00? Se la risposta è affermativa allora sicuramente avrà visto tanta gente con striscioni, cartelli e bandiere.

Si trattava di persone molto diverse tra loro: c’erano ragazze, famiglie con bambini e passeggini, adulti, anziani, punk con creste e borchie; tutti però condividevano la voglia, l’urgenza di protestare contro la decisione della regione Marche di non accettare le nuove linee guida del Ministero della Salute sull’aborto farmacologico, che allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza e annullano l’obbligo di ricovero (anche day hospital) in seguito all’assunzione della pillola Ru486 permettendo anche ai consultori di effettuare la somministrazione.

Innanzitutto cerchiamo di capire di che farmaco stiamo parlando: la pillola RU486 è un antiprogestinico di sintesi utilizzato come farmaco ( in associazione con una prostaglandina) per indurre l’interruzione della gravidanza farmacologica; il farmaco, che si assume per via orale, è stato introdotto in Italia dopo una lunga battaglia solo nel 2009. Rispetto ai metodi abortivi tradizionali (l’aborto per aspirazione, ad esempio), la RU-486: ——— non richiede intervento chirurgico e anestesia, non rende indispensabile da un punto di vista clinico l’ospedalizzazione (che è comunque prevista normativamente in alcuni Stati) – —— non comporta i rischi legati alle complicazioni possibili dell’intervento chirurgico (rottura dell’utero, lacerazioni del collo dell’utero, emorragie ecc.); – può essere utilizzata nelle prime settimane di gravidanza, mentre l’aspirazione viene eseguita generalmente dopo la 7° settimana (interrompendo lo sviluppo dell’embrione in una fase precedente si ottiene il duplice risultato di interrompere la gravidanza in un momento in cui lo statuto di persona è difficilmente sostenibile e di ridurre le complicazioni per la donna).

Attualmente la pillola della discordia è in uso in tutti gli Stati dell’Unione Europea, ad eccezione della Polonia e della Lituania, oltre che dell’Irlanda e di Malta (paesi nei quali l’aborto è vietato). Per quanto attiene il resto del mondo, come nell’UE anche negli Usa, in molti paesi dell’Europa dell’est, in India, in Cina e in quasi tutti i Paesi dove l’aborto è legale, decine di milioni di donne hanno abortito volontariamente con questo metodo, che è considerato sicuro ed efficace dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Per capire meglio la questione bisogna tenere in considerazione il contesto in cui questa nuova situazione si innesta; nonostante l’aborto sia legale nel nostro paese dal 1978, (grazie alla legge 194) una parte dei cittadini per questioni etico-religiose non è daccordo con questa pratica. Padronissimi, per carità, ma dal non volersi avvalere di un diritto a voler negare agli altri di poterlo fare ce ne passa, eh? In Italia l’obiezione di coscienza sul tema (ginecologi che si rifiutano di eseguire l’interruzione volontaria di gravidanza) è in media è del 70%, le Marche sono su quelle cifre, e il numero sta crescendo sempre più: continuando cosi, cosa succederà tra qualche anno?

A preoccupare è prima di tutto un dato: l’aborto clandestino esiste ancora. Lo ammette lo stesso Ministero della Salute, che, nella sua ultima relazione al Parlamento (gennaio 2019) approssimava una stima (ma non dati certi, trattandosi di una pratica illegale): tra le 10 e le 13 mila donne ogni anno ancora vi ricorrono. Che senso ha allora rendere ulteriormente difficile la via già difficile di chi sceglie di interrompere una gravidanza non desiderata? Molto probabilmente spesso si tratta di una scelta già difficile e sofferta.

Pertanto invece di mettere i bastoni tra le ruota a chi si trova in una situazione già difficile, forse sarebbe meglio cercare di lavorare sulla prevenzione, con informazioni e contraccezione: proprio quello che facciamo noi sul camper dell‘Unità di Strada Informabus! Venite a trovarci per dire la vostra, oppure commentate quest’articolo!


Adolescenti suicidi

Oggi parliamo di un tema veramente scomodo: la morte di bambini ed adolescenti causate da suicidio o condotte autolesionistiche. Partiamo da 2 tragici fatti di cronaca verificatisi negli ultimi giorni: una bambina di 10 anni a Palermo e un bambino di 9 a Bari. Secondo una prima ricostruzione la piccola avrebbe raccolto la sfida che su “tik tok viene chiamata “hanging challenge” e che prevede una prova di resistenza; consiste nello stringersi una cintura attorno al collo e resistere il più possibile. Purtroppo la bambina è arrivata all’asfissia con conseguente morte cerebrale. Del bambino di Bari trovato impiccato in cameretta invece per ora si sa ben poco, praticamente solo che la morte è avvenuta per soffocamento e che il bambino è stato trovato dalla mamma con una cordicella stretta attorno al collo, agganciata ad un attaccapanni.

Quello che invece è evidente è che in quest’epoca di pandemia stanno crescendo gli episodi di autolesionismo o in alcuni casi di tentativi di suicidio tra bimbi ed adolescenti così come sta aumentando il numero dei ricoveri nel reparto di Neuropsichiatria dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

A livello globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i suicidi si collocano al secondo posto tra le cause di morte nella fascia d’età 15-29 anni. Seconda causa di morte anche per i giovani italiani dai 15 ai 24 anni. Da una ricerca è emerso che in adolescenza un ragazzo su tredici ha tentato il suicidio, invece, la pianificazione o l’ideazione suicidaria comprende il 30% dei giovani (Kolves e De Leo, 2016). Il suicidio può essere definito non come desiderio di morte, ma come cessazione del flusso d’idee, come risoluzione del dolore psicologico insopportabile. Si può considerare il suicidio come un movimento di allontanamento da emozioni intollerabili, dolore insopportabile o forte angoscia e non come un movimento verso la morte. Il suicidio non è un atto impulsivo, come spesso si crede, la persona non decide improvvisamente di mettere fine alla propria esistenza, ma spesso è un atto meditato nel tempo. Il soggetto non riesce più a trovare uno scopo di vita, percepisce il proprio disagio interiore come intollerabile e arriva, quindi, a sentirsi “in-aiutabile”.
A lanciare l’allarme è Stefano Vicari, primario dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del nosocomio pediatrico romano. “Da ottobre ad oggi, quindi dopo la prima ondata Covid, abbiamo registrato un aumento dei ricoveri del 30% circa. Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”, aggiunge.

Poi continua: “Tutto questo è assolutamente associato al periodo di chiusura, gli adolescenti vivono con grande preoccupazione questo periodo e quindi c’è una ripercussione sui loro vissuti particolarmente importante. Mi comincio a chiedere quando tutta questa emergenza sarà finita quello che dovremo gestire. Sarà un’onda lunga”.

E ancora:  “C’è un altra fetta nel mondo di giovani che si chiudono sempre di più dentro casa, dentro la stanza, che trascorrono ore ai videogiochi senza nessun interesse sociale. Che vivono l’inutilità della relazione e confinano sempre più questo mondo ai tablet o agli strumenti tecnologici. Finita l’emergenza sarà molto difficile farli uscire di casa. È li che trovano rassicurazione. È lì che gli si rinforza il sintomo di una fobia sociale che spesso si accompagna a forme più o meno acute di depressione”.

Stiamo chiedendo di rimanere in stand by, di sospendere la propria vita a degli esseri viventi che hanno bisogno di fare, di fare eperienze reali, di sperimentare con il gruppo dei pari. Insomma la situazione è davvero critica, e le conseguenze potrebbero essere molto gravi. Dall’opinione pubblica stanno aumentando il malcontento e le proteste per delle norme che penalizzano molto pesantemente i piu giovani per salvaguardare gli altri, ma forse stiamo chiedendo loro sforzi eccessivi? Voi che ne pensate?


Gli adolescenti e la pandemia

Gli anni dell’adolescenza di solito sono quelli in cui si vivono “le prime volte”: prima uscita con il/la ragazzo/a che ti piace, il primo bacio, la prima volta che si fa l’amore, prima volta che si fa tardi la sera, ci si apre al mondo e ci si inizia a sperimenta lontano dal nido familiare; esperienze fondamentali per crescere e formare la propria identità. Chi vive questa fase della propria vita in questo periodo storico rischia di dover posticipare queste tappe e di vivere invece altre prime volte: la prima didattica a distanza, il primo lockdown, il primo compleanno senza amici e amiche…

Ho sentito per radio di alcuni nonni che hanno detto di voler rinunciare alla propria dose di vaccino per cederla ai nipoti, in modo che possano tornare a scuola e porre fine a questa reclusione. Ho sentito anche un’altra signora di 80 anni ha detto che secondo lei i vaccini andrebbero somministrati prima ad insegnanti e studenti, in maniera tale da permettere a questi ultimi di poter tornare alla loro vita, perlomeno di mattina, perchè loro sono il futuro, mentre i suoi coetanei sono il passato. Purtroppo queste voci mi sembrano isolate nel coro di coloro che rimproverano i ragazzi e le ragazze di stare troppo vicini, senza le mascherine, o dicono loro: “noi abbiamo vissuto la guerra, che vuoi che sia qualche mese di restrizioni, distanziamento sociale, mascherine, didattica a distanza…pensassero ad Anna Frank…”.

Quali saranno le conseguenze psicologiche e relazionali per questi ragazzi e ragazze, una volta che parentesi di semi prigionia si chiuderanno? Secondo il recente rapporto di Save the Children ben 6 ragazzi su 10 ritengono che il lockdown abbia avuto e stia avendo ripercussioni negative sulla propria capacità di socializzare e sul proprio stato d’animo e umore e allo stesso tempo il 50% dei ragazzi, 1 su 2, ritiene che anche le proprie amicizie abbiano subito ripercussioni negative a causa dell’impossibilità di andare a scuola.

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Escludendo la possibilità di relazionarsi con gli altri gli adolescenti si sono chiusi in sé stessi, dismettendo in qualche modo il loro ruolo. Non hanno voglia di fare dibattiti, di contrastare i genitori e di esprimere il loro punto di vista. La loro voglia di relazionarsi con gli altri, visto che non ne hanno la possibilità, è andata scemando. E per questo motivo la questione della scuola è centrale e tragica. Tolte le scuole viene meno l’asse portante delle relazioni; rischiamo davvero che gli adolescenti finiscano ripiegati su sé stessi. Oggi come oggi non soltanto il presente è diventato arido ma è anche estremamente difficile per i più giovani immaginare il proprio futuro.

I ragazzi e le ragazze che si avvicinano al camper dell’unità di Strada Informabus mi confermano di avere queste difficoltà, questi disagi. Voi cosa ne pensate?


Straight edge = rigare dritto


Cosi si chiama un movimento nato nei primi anni 80 negli Usa da alcuni gruppi punk (per la precisione hard-core punk) in risposta al nichilismo dilagante in quegli anni attorno a loro. Questi giovani ragazzi ribelli ebbero la necessità di diffondere un concetto positivo di ribellione e di reazione; proposero di condurre uno stile di vita sano e sobrio, lontano da alcol, altre droghe, sesso promiscuo. Il fine era mantenersi lucidi, svegli, attivi, non perdere tempo e lottare per le loro battaglie idealiste, egualitarie, anticapitaliste, antiimperialiste ed ecologiste.

“una mente sobria è un’arma potente”

Tra questi nuovi punk, droghe e alcol cominciarono a essere visti come strumenti di controllo e oppressione, e il sesso occasionale associato a un meccanismo che spingeva a trattare le persone come oggetti e impediva la formazione di legami forti. La diffusione di questa “sottocultura” fu traghettata dallo stile di vita dei Minor Threat, descritto nelle canzoni “Straight edge” del 1981 (I’m a person just like you / But I’ve got better things to do / Than sit around and fuck my head / Hang out with the living dead”) e “Out Of Step” del 1983 (“I don’t smoke / I don’t drink / I don’t fuck / At least I can fucking think”).

Ian MacKaye, cantante dei Minor Threat

L’esigenza di distacco e di netta distinzione si avvertì anche nello stile di chi aveva sposato questa filosofia di vita in quegli anni di estrema perdizione: spariscono i vestiti con le borchie e le folli creste colorate in favore di uno stile più sobrio.
Iniziano ad apparire,  tatuate sulle mani degli straight edge, delle X nere; nel “Atlantic Club”, uno dei locali americani più in voga in quegli anni, era vietato distribuire alcolici ai minorenni che, una volta varcato l’ingresso del club, venivano timbrati con delle grosse X sulla mani, affinché fosse loro proibito il consumo di alcool. Politica abbracciata in pieno dagli sXe che emularono la simbologia delle X.

Il movimento Straight Edge è figlio di un estremo bisogno di libertà da qualsiasi tipo di dipendenza fisica o mentale; nasce, soprattutto, come unico metodo per ritrovare se stessi e non essere succubi di nessuna distrazione che possa distogliere la concentrazione dal proprio io cercando di custodire il concetto di libertà in senso assoluto. Sono passati quasi 40 anni, ma ancora ci sono seguaci di questa filosofia, in tutto il pianeta, Italia compresa; ad esempio il fumettista Michele Rech, più conosciuto come Zerocalcare è uno di loro. Sicuramente motivi per essere lucidi e determinati a cambiare il mondo ne potremmo trovare anche oggi; ad esempio l’emergenza ecologica, da cui è scaturita quella sanitaria, sociale ed economica del covid 19…

Invece i consumi di alcol e altre droghe tra i giovanissimi sono sempre in aumento, e sta anche tornando prepotentemente di moda l’eroina. Spesso i ragazzi e le ragazze, nell’età dell’adolescenza fanno certe cose per non essere da meno, per non essere considerati “sfigati”. Tutti bevono, tutti fumano, sniffano, prendono sciroppo per la tosse e sprite, te che fai? Ti dissoci? Non ti conformi? Ebbene c’è chi pensa che è più ribelle non consumare droghe e avere più energie psico-fisiche per cercare di realizzare i propri sogni! Voi che ne pensate?


Essere giovani in tempo di pandemia

In questi ultimi giorni in cui la situazione covid-19 è di nuovo peggiorata si torna a parlare di restrizioni e in qualche regione anche di chiusura totale. Già qualche mese fa siamo stati costretti in questa situazione e le persone che ne hanno sofferto di più sono stati i bambini ed i giovani. Certamente a tutti noi è mancata la libertà di vedere amici e parenti e di poter fare ciò che vogliamo, ma chi si trova più in difficoltà se privato della possibilità di uscire di casa, giocare, correre e relazionarsi con gli altri? Indubbiamente chi è ancora nei primi anni della propria vita e ha l’urgenza, il bisogno di conoscere il mondo e gli altri, i propri pari d’età. Gli adulti possono utilizzare il tempo della solitudine per approfondire, studiare, coltivare passioni; ormai dovrebbero aver tessuto la loro trama di relazioni, formato la loro personalità e dovrebbero patire meno l’impossibilità di uscire e vedere altre persone.

Per i bambini e gli adolescenti è cosi importante il contatto fisico, il toccarsi, l’abbracciarsi; invece le regole vigenti sconsigliano, anzi reprimono questi bisogni. Deve essere veramente difficile vivere questo momento storica per queste giovani vite. Non tutti però la pensano così, tant’è che spesso i giovani sono stati criticati per la loro presunta mancanza di senso di responsabilità che avrebbero dimostrato affollando i corsi e le piazze delle nostre città, senza l’uso delle mascherine, o comunque non rispettando il distanziamento sociale.

Visto che la stragrande maggioranza dei malati (con sintomi) di Covid-19 è costituita da over 70, chiaramente sono quest’ultimi i più preoccupati. Alcuni anziani auspicano la chiusura di asili e scuole, perchè solo cosi secondo loro i contagi si fermeranno; però ci sono altri anziani come la sociologa Chiara Saraceno, 79 anni, secondo cui già i più giovani hanno già pagato prezzi altissimi in termini di ricadute psicologiche e materiali, di sviluppo cognitivo, di aumento delle disuguaglianze durante la cosiddetta prima ondata. Per cui, sostiene l’altruista signora Saraceno, ora tocca agli anziani fare un passo indietro e sacrificarsi, autolimitando la propria mobilità, anche se non deve essere facile accettare di non vivere pienamente gli ultimi anni della propria vita.

Altri come il critico letterario Alberto Asor Rosa invece sostengono che isolare gli anziani dalle generazioni più giovani sia sbagliato, perchè le relazioni tra persone appartenenti a due età cosi diverse è molto importante e fonte di grande ricchezza. Probabilmente entrambe le posizioni hanno ragion d’essere… Voi che ne pensate?


Per il compleanno dei 18 anni…

Avete sentito parlare della morte della ragazza della provincia di Terni che per il suo diciottesimo compleanno aveva ricevuto come regalo dal ragazzo la sua prima dose di eroina? Purtroppo è stata anche l’ultima.. dose… ed esperienza della sua vita; infatti la mattina del giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare questo giorno speciale, Maria Chiara è stata trovata morta a casa del fidanzato. Lui ha detto che di aver assecondato il suo desiderio di provare l’eroina per celebrare la sua maggiore età. Avevano “smezzato” 20 euro di roba.

Solo qualche mese fa sempre in Umbria, sempre in provincia di Terni 2 ragazzini di 13 e 14 anni erano morti in seguito all’assunzione di metadone. Questi terribili episodi dimostrano che le informazioni sui diversi effetti e rischi correlati all’uso delle diverse droghe non arrivano a destinazione; è paradossale che questo accada nella cosiddetta “era dell’informazione”, in cui chiunque può cercare notizie su qualsiasi cosa. Eppure sembra non si percepisca più la differenza tra farsi una canna e una dose di eroina o cocaina e si tende a mischiare tutto.

Secondo la relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze il 33,6% degli studenti tra i 15 e 19 anni ha fatto uso di una sostanza psicotropa illegale, e il 10,6% di due o più sostanze. Anni fa chi faceva uso di sostanze spesso ne aveva una d’elezione, oggi invece sono in molti di più ad usare più sostanze (policonsumo). A farsi di eroina arrivava qualcuno alla fine di un percorso di anni di uso di droghe, mentre ora si può provare la roba molto presto e con grande facilità, leggerezza ed inconsapevolezza. Dalla suddetta relazione risulta che 38000 giovani tra i 15 e 17 anni usano regolarmente eroina e 74000 cocaina, due droghe pesanti che causano danni gravissimi all’organismo, in particolare se assunte durante lo sviluppo.

Le morti per overdose d’eroina nel 2019 sono state 373, con un aumento del 11% rispetto all’anno precedente, ma se ne parla poco. I prezzi delle droghe pesanti sono scesi molto, cosi come l’attenzione, la consapevolezza e le campagne informative sul tema in questione. Inoltre si sono diffuse le nuove droghe sul web. Insomma la situazione è allarmante e merita di essere presa seriamente in considerazione. Il servizio Informabus da oltre 15 anni continua a distribuire materiale informazioni sulle diverse droghe (legali e non) spiegando ai giovanissimi i rischi e gli effetti di questi, ed altri comportamenti a rischio. Vi aspettiamo per le vie della città di Ancona per parlarne e confrontarci!


Dipendenze da social

In questo articolo parleremo dei rischi che si corrono usando i vari social network, cosa che ormai fa la maggior parte delle persone, di qualsiasi età. Dietro a ciascuno dei vari facebook, instagram, twitter (per citare solo i più diffusi) ci sono programmatori, esperti di marketing che non hanno a cuore il benessere di chi utilizza le loro applicazioni, bensi solo il massimo profitto aziendale.                                                                                           

Come fanno ad arricchirsi queste imprese? Con le pubblicità personalizzate che ci appaiono quando “scrolliamo” le varie pagine. Affinchè noi vediamo più pubblicità cercano il modo di farci stare più tempo possibile sui social; a questo scopo hanno inventato le notifiche di cosa viene pubblicato, di chi ti ha taggato, di chi ha commentato un tuo post, o di chi mi messo mi piace ad un tuo post, etc etc….

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Alcuni programmatori che hanno lavorato per i colossi dell’informatica si sono resi conto, troppo tardi, di aver creato dei mostri; si sono accorti che una volta tornati a casa dal lavoro, invece di trascorrere il loro tempo libero con le rispettive famiglie, si rinchiudevano in una stanza nascosti ad usare le app da loro inventate. Se anche chi ha creato un programma si trova avviluppato nella sua stessa tela, allora figuriamoci quanto possa essere vulnerabile un adolescente! In una fase in cui la confusione, l’insicurezza date anche da un corpo che cambia e non sempre nel modo in cui vorremmo noi, pensiamo a quanto possano essere pericolosi i filtri che ti fanno sembrare più bella, più truccata…                                                                 

In questo modo si rischia di compromettere il senso di autostima e identità dei ragazzi; nel corso di milioni di anni ci siamo evoluti preoccupandoci di ciò che i membri della nostra tribù pensavano di noi, perchè ciò è importante; ma siamo pronti per preoccuparci di ciò che pensano di noi migliaia di persone, tutte quelle con cui entriamo in contatto con i vari social?           

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Per quanto riguarda le notifiche il problema principale è la necessità di distogliere continuamente l’attenzione da ciò che si sta facendo. Ad ogni nuova notifica si deve interrompere l’attività in corso per leggerne il contenuto. E l’eventuale attesa della notifica successiva impedirebbe di rimanere concentrati. Ogni volta che si interrompe l’attività in corso per controllare lo smartphone, il cervello si ritrova a dover ricominciare da capo. Questo comporta uno stress eccessivo. Al quale si aggiunge il continuo stato di allerta legato all’attesa inconscia del suono del telefono. E quando arriva il fatidico “bip” la reazione dell’organismo è quella di produrre gli ormoni dello stress. Reagisce, in sostanza, come una preda braccata da un predatore.

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Siamo abbastanza evoluti per ricevere approvazioni sociali superficiali come “likes” e “cuoricini” ogni 5 minuti? Da quanto ci dice la situazione degli adolescenti americani (l’avanguardia di quello che poi succede all’incirca in tutto il mondo cosiddetto civilizzato) sembrerebbe proprio di no. Tra il 2011 ed il 2013 è iniziato un forte incremento di ansia e depressione. In particolare rispetto al decennio precedente  i casi di ricovero per autolesionismo sono saliti del 62% per le ragazze adolescenti più grandi, trai i 15 e i 19 anni e addirittura del 189% per le preadolescenti, tra i 10 e i 14 anni. Ancora più allarmante l’aumento dei casi di suicidio saliti del 70% rispetto al decennio precedente per le adolescenti più grandi, e del 151% per le preadolescenti dai 10 ai 14 anni.                                           

Questo andamento addita i social media come responsabili; i ragazzi della cosiddetta generazione Z (quelli nati dopo il 1996) sono i primi nella storia ad essersi iscritti ai social alle medie. Un’intera generazione è più fragile, più ansiosa e più depressa; è scesa la percentuale di chi ottiene la patente di guida, è diminuita la percentuale di chi ha storie o relazioni.

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Ciò si verifica perchè le app, i social media ora sono studiati per rivoltare la nostra psicologia contro noi stessi; è fondamentale invece che chi li progetta non pensi solo ad arricchirsi, ma anche a non rovinare la vita di chi  utilizza questi strumenti.                                                                                     

Se ci sentiamo soli, a disagio, dubbiosi o spaventati ricorriamo ad una specie di ciucccio digitale senza il quale non siamo più in grado di affrontare le situazioni.                                                                                            Per molti di noi gli smartphone e le gratificazioni date dai vari social sono cosi importanti che organizziamo la nostra vita attorno ai nostri dispositivi telefonici e le scambiamo per dei valori e per la verità.

Volendo un pò calcare la mano potremmo dire che ormai il mondo, perlomeno quello di chi ha lo smartphone si divide in 2 tipologie di persone: quelli che guardano il telefono prima di andare in bagno appena alzati dal letto da una parte, quelli che le guardano mentre sono sul water dall’altra. Voi a quale appartenete? 


Sex Education

Questa volta vi parleremo di una serie tv, ma non una a caso tra le innumerevoli che popolano la rete, ma di una che tratta gran parte dei temi di cui si occupa, da più di 15 anni ormai, l’Unità di Strada Informabus: amore, sessualità, malattie sessualmente trasmissibili, identità di genere, autoerotismo, pornografia, contraccezione, pillola del giorno dopo, interruzioni di gravidanza, rispetto, amicizia, rapporti coi genitori, bullismo, scuola, dipendenze, identità di genere, bisessualità, omosessualità..


Stiamo parlando di Sex Education, la serie che ci mostrano il mondo degli adolescenti e della loro sessualità in maniera inedita, con concretezza e realismo ma, al tempo stesso, leggerezza e ironia. Nei sedici episodi finora usciti, divisi in due stagioni vengono messi in scena in modo sincero e ironico i dubbi e le insicurezze che colpiscono gli adolescenti durante le prime fasi di scoperta della propria sessualità.

La serie uscita in streaming a gennaio del 2019, ruota attorno alle vicende di Otis, un adolescente che, grazie alle conoscenze apprese dalla madre sessuologa, decide di aprire una clinica clandestina nel liceo che frequenta per offrire terapia sessuale ai compagni. Il sedicenne Otis frequenta l’Istituto Moordale insieme al suo migliore amico Eric; un giorno si ritrova a parlare con Adam, un compagno di scuola nonché figlio del preside con problemi eiaculatori il quale, grazie ai consigli di Otis, riesce ad avere un rapporto completo con la sua ragazza, Aimee. Di seguito a ciò Maeve, un’amica di Aimee, comprende le abilità terapeutiche di Otis e gli propone di diventare il «terapista sessuale» degli studenti della Moordale, previo pagamento. Così comincia l’avventura da sessuologo di Otis che, insieme con Maeve ed Eric, costituisce il fulcro delle relazioni del Moordale.

Il messaggio veicolato da Sex Education, che noi sottoscriviamo al 100%, tant’è che potrebbe essere uno slogan del servizio Informabus, è che non esistono domande stupide o troppo imbarazzanti, la sessualità va affrontata senza timori e chiedendo l’aiuto di un esperto quando necessario, poiché “se non si fa attenzione, il sesso può distruggere vite”.


La droga? Le droghe!

Come molti avranno saputo dai vari media purtroppo qualche giorno fa, a Terni, sono morti due ragazzi di 15 e 16 anni. Per ora si sa solo che la morte è stata causata da una sostanza tossica, e che i due non avevano patologie.  Avevano concluso una serata bevendo il contenuto di una boccetta comprata da un quarantenne per 15 euro; uno dei problemi che contribuiscono a dare luogo a queste morti di giovanissimi/e è proprio il fatto che con pochissimi soldi ci si può sballare da morire. Qualche decennio fa un grammo di eroina costava 120 mila lire, non era a portata di tutti. 

All’ interno della boccetta in questione ci sarebbe stato del metadone diluito con acqua  Si tratta di un oppioide  sintetico utilizzato per ridurre l’assuefazione nella terapia sostitutiva della dipendenza da stupefacenti  Se questa sostanza è assunta in quantità controllata, da un tossicodipendente da oppiacei, non ci sono pericoli per la salute; se invece ad assumerla è qualcuno il cui organismo non è abituato a queste sostanze, gli effetti possono essere letali.                                                                                                Nel caso dei due adolescenti umbri sembra essersi verificata proprio questa spiacevole evenienza; i due ragazzi sono morti di arresto cardiaco, nel sonno. Ognuno a casa sua. Isolati, come si viveva durante il lock down. Forse il nesso più sostanziale con gli scorsi mesi di reclusione forzata però è che in quel periodo il mercato delle droghe illegali ha avuto grandi difficoltà, per cui sono state immesse nel mercato sostanze legali, (reperibili dai servizi per tossicodipendenti), usate in medicina, che però sono molto pericolose se non le si conosce. Il metadone e la codeina sono tra queste.  Tra le ipotesi delle cause della morti dei due ragazzi c’è anche la codeina, un analgesico usato per calmare la tosse, di moda da qualche anno tra i giovani che lo usano per sballarsi.            In Italia ancora queste morti di giovanissimi per assunzioni di sostanza sintetiche si verificano ancora rado, in altri paesi, come negli Usa, sono molto più diffuse. La causa principale di queste tragedie sono l’ignoranza, la mancanza di informazioni sulle differenti sostanze stupefacenti.

La demonizzazione indiscriminata della droga ha queste conseguenze.      Molto più intelligente e costruttivo distinguere tra le varie droghe, i loro diversi effetti e la loro differente pericolosità.                                                       

L‘Informabus unità di strada del comune di Ancona da più di 15 anni gira le strade e le piazze di questa città e da qualche anno naviga nella rete per dare informazioni ai giovani e giovanissimi sui comportamenti a rischio, tra cui in particolare sugli effetti e i rischi delle diverse droghe. Come dimostrano anche i fatti di cronaca il nostro lavoro è più importante e necessario che mai; ommentate, contateci o veniteci a trovare sul camper!


Estate anconetana

Dopo gli scorsi mesi difficili di lockdown finalmente da qualche tempo si può uscire, anche se con cautele e precauzioni. Non è facilissimo per gli esercenti, nè per i clienti rispettare le regole imposte dal governo per arginare il covid 19; se poi si litiga fino a venire alla mani, (e alle bottiglie anche…. solo perchè quella ragazza che ora sta con te prima stava con me, ed io ti guardo male, e tu mi guardi male…Litigare per le femmine, come gli animali, se poi l’alcol fa emergere la parte più bestiale… Come avrete capito stiamo parlando del fatto che nelle ultime settimane si sono verificate varie risse nella piazza principale della movida anconetana, piazza del Plebiscito.

Se si hanno tante energie da sfogare, dovute anche allo stress accumulato nei mesi scorsi, una bella giornata di mare è consigliata; oppure se non si è appagati e si vuole uscire, forse la sera meglio godersi una tranquilla serata all’aperto in compagnia, senza esagerare e non diventare molesti. Oppure è auspicabile approfittare del fatto che, quando ormai qualcuno pronosticava un’estate di lockdown, sono riprese anche tanti interessanti eventi come cinema all’aperto, concerti di vari generi musicali, teatro, incontri culturali… Insomma le possibilità per stare bene sono tante…Se volete ne parliamo una delle prossime sere nei pressi del camper dell’unità di strada Informabus!


Apprendere l’arte di amare

In questi giorni in cui dobbiamo stare a casa si può cogliere l’occasione per coltivare varie passioni, come ad esempio la lettura: leggendo il libro dello psicanalista Erich Fromm “L’arte d’amare” ho trovato degli spunti interessanti per affrontare al meglio la vita in generale, ma questi giorni difficili in particolare. Nonostante il libro fu scritto nel 1956 penso che possa essere ancora utile oggi poichè parla (tra le altre cose) di temi cari all’Informabus: solitudine, alcol droghe, sesso, amore!                                 Mi limiterò a parlarvi della prima parte del libro, quella più adatta alla prospettiva del servizio Informabus

L’autore sostiene che la consapevolezza dell’essere umano della propria individualità, di sè stesso come entità separata, la consapevolezza della propria vita breve, l’impotenza di fronte alle forze della natura (come ad esempio il covid 19), e della società gli rendono insopportabile l’esistenza.
L’uomo diventerebbe pazzo, se non riuscisse a rompere l’isolamento, a unirsi agli altri uomini, al mondo esterno; pensate come staremmo in questi giorni, soprattutto chi abita da solo, se non avessimo modo di comunicare con i nostri amici ed i nostri cari.
In ogni eta’ e civiltà però l’essere umano è messo di fronte alla soluzione dell’eterno problema di come superare la separazione dall’altro.

Secondo Fromm il primo modo utilizzato dall’essere umano è la sessualità: entro certi limiti, è un modo naturale e normale di superare la separazione, e una soluzione parziale alla soluzione dell’isolamento…ma l’atto sessuale, senza amore, non riempe mai il baratro che divide due creature umane, se non in modo momentaneo. Nella nostra società l’individuo tenta di fuggire all’isolamento rifugiandosi nell’alcol e nelle altre droghe (usate anche in passato durante riti collettivi comunque finalizzati allo sperimentare una fusione col mondo), ma si sente ancora più solo quando è finito lo sballo; di conseguenza egli è spinto a ricorrere alla sostanza con sempre maggior frequenza ed intensità.

La soluzione più frequente scelta dall’uomo nel passato e nel presente però è l’unione col gruppo, il condividerne costumi, usi, pratiche e credenze; se io sono come gli altri non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine. Durante l’adolescenza, ma non solo, questa volontà di con-fondersi con il gruppo è particolarmente forte. 

Un terzo modo per raggiungere l’unione è l’attività creativa, sia quella dell’artista che quella dell’artigiano; in essa l’uomo si fonde con la propria materia, che rappresenta il mondo che la circonda, dunque si fonde col mondo. 

Queste tre soluzioni forniscono una risposta solo parziale al problema della solitudine; l’unità raggiunta con il sesso e droghe sono fittizie, quella ottenuta con il conformismo  è solo una parvenza di unione, mentre quella conquistata con l’attività creativa non è interpersonale.

La soluzione completa sta nel raggiungere l’unione interpersonale, nella fusione con un’altra persona, nell’amore; Il desiderio di fusione interpersonale è la passione più antica, la forza che tiene unita la razza umana. Bisogna però distinguere tra amore come la matura soluzione al problema dell’esistenza e quelle forme incomplete di amore che Fromm chiama unioni simbiotiche, in cui le due persone hanno bisogno l’una dell’altra. In contrasto con l’unione simbiotica, l’amore maturo è unione  a condizione di preservare la propria integrità, la propria individualità: nell’amore due esseri diventano uno, ma restano due.  L’amore è un sentimento attivo dell’uomo, una  conquista; amore è soprattutto dare, che non significa cedere, privarsi di qualcosa, sacrificare. Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza. Dare dà più gioia che ricevere perchè in quell’atto ci sentiamo vivi. La sfera più importante del dare non è quella delle cose materiali, ma sta nel regno umano. Una persona dà all’altra sè stessa, ciò che possiede di più prezioso, dà una parte della sua vita, ciò che ha di più vivo in sè: la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, la propria tristezza…                                                                                                          Nel dare con generosità non si può evitare di ricevere ciò che viene dato di ritorno. Dare significa fare anche dell’altra persona un essere che dà, ed entrambi dividono la gioia di sentirsi vivi. Nell’atto di dare nasce qualcosa, e un senso di mutua gratitudine per la vita che è nata in loro unisce entrambe. L’amore è una forza che produce amore. Aldilà dell’elemento del dare, il carattere attivo dell’amore diviene evidente nel fatto che si fonda sempre su certi elementi comuni a tutte le forme di amore: la premura, la responsabilità, il rispetto e la conoscenza. L’amore non è un sentimento al quale ci si possa abbandonare senza aver raggiunto un alto livello di maturità. Come tutte le altri arti, anche quella dell’amore richiede prima di tutto profonda conoscenza, rispetto ed interesse, responsabilità e massima attenzione; è un lungo percorso quello attraverso il quale si può apprendere l’arte d’amare.

In questo periodo di reclusione possiamo riflettere su questi concetti, e provare a metterli in pratica con i familiari, ma anche con amici e fidanzate/i via telefono e via social, aspettando il giorno in cui potremmo tornare ad uscire liberamente ed incontrarli.


Incidenti e limiti

In Italia gli ultimi 3 fine settimana sono stati tragici per quanto riguarda gli incidenti stradali notturni; 24 giovani sono morti e 47 sono rimasti feriti in 27 incidenti gravi. Ci eravamo illusi di esserci lasciati alle spalle questi episodi. Dopo l’abbassamento da 0,8 a 0,5 della soglia massima di alcolemia nel sangue nel 2001, dopo l’istituzione della patente a punti nel 2003 e le norme più restrittive su alcol e guida del 2010 (sopra l’1,5 g/l c’è la confisca del mezzo)  effettivamente la situazione era migliorata. Anche in seguito a campagne informative e  preventiva come quella che l’Unità di Strada Informabus ha svolto negli anni, oltre che a più numerosi controlli etilometrici che avevano portato al sequestro di tante patenti c’era una maggior attenzione alla guida responsabile.

Negli ultimi anni invece l’attenzione sul tema è scemata ed è comparso anche un nuovo rilevante fattore di rischio: l’uso del cellulare alla guida. Guidare stanchi, sballati, mentre si guarda il telefonino diventa veramente impegnativo ed estremamente pericoloso.. Oltre a questo sembra esserci anche un’ulteriore questione: il contrasto tra, da un lato la necessità di limiti di velocità, di alcolemia e dall’altro la contemporanea tendenza alla dissoluzione del concetto stesso di limite.  Siamo infatti in un’era in cui limiti spazio-temporali sembrano essere concetti quasi obsoleti, o comunque in divenire. Ad esempio, ormai da qualche anno a questa parte puoi parlare con una persona e vederla sullo schermo anche se abita dall’altra parte del pianeta, in tempo reale. Qualche decennio fa questa opportunità sarebbe apparsa impossibile, forse anche inimmaginabile.


La cultura promossa da molte pubblicità di telefonia ed altre tecnologie varie è quella del NO LIMITS, ma i limiti invece sono fondamentali per la vita. Magari vanno spostati, ma non spazzati via. I giovani si trovano tra questi 2 poli opposti; entrambi li chiamano a sè, uno da una parte, l’altro dall’altra, li tirano fino  rischiare di lacerarli. Lacerati proprio come i corpi devastati dagli incidenti stradali. L’Unità di Strada Informabus del Comune di Ancona da 15 anni ormai dialoga con i giovani anche su questi temi. Vi aspettiamo per continuare a confrontarci!


Pandemia e guerra

Oggi, prendendo spunto da ciò che ci hanno raccontato ragazzi e ragazze incontrati nelle ultime uscite del camper Informabus, approfondiamo le conseguenze psicologiche della situazione attuale; nell’epoca della globalizzazione, un evento della portata dell’attacco russo all’Ucraina implica ripercussioni su larga scala, sociali e psicologiche, oltre che economiche. A maggior ragione se sopraggiunge al culmine di due anni di pandemia.

Come afferma Claudio Mencacci, medico psichiatra e Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia «il confitto dopo la pandemia deprime e disorienta», «la continua esposizione all’imprevedibilità, prima del virus, ora degli scenari di combattimenti alle porte, genera una profonda reazione di ansia».

Uno choc che mette a dura prova la salute mentale dell’intera popolazione mondiale, già minata dalle conseguenze della diffusione del Coronavirus. Paura del futuro, ansia e incertezze, uniti all’infodemia, colpiscono i meccanismi di difesa della persona scatenando diverse manifestazioni fisiche di questo malessere: irritabilità, sbalzi d’umore, inappetenza o – al contrario – eccessivo appetito, disturbi gastrointestinali, mal di testa, tensioni muscolari e disturbi del sonno sono campanelli d’allarme da non sottovalutare. Essere sottoposti a periodi prolungati di stress azzera le nostre risorse fisiche, emotive e mentali.

Affrontare, nel 2022, una tematica come la guerra è complicato e doloroso per gli adulti, e lo è a maggior ragione per bambini e ragazzi. Dopo aver provato, per due anni, a spiegare ai più giovani il significato di pandemia, i genitori si trovano oggi di fronte a un nuovo scoglio. Come spiega lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai, il rischio quasi inevitabile è di trasmettere a chi sta crescendo l’idea che il mondo non sia un luogo sicuro in cui nascere e crescere.

Oltre all’ansia e alla paura, tra gli effetti di questi eventi sulla nostra psiche c’è anche lo svilupparsi di uno stato di apatia, da considerarsi campanello d’allarme al pari degli altri sintomi. Prima la pandemia e ora la guerra hanno generato in noi un carico emotivo molto pesante, che non tutti sono in grado di gestire senza conseguenze. Per questo non bisogna chiudersi nel silenzio ma è invece importante riconoscere le difficoltà e affidarsi alle mani esperte dei professionisti, per poter aiutare sé stessi e, quindi, essere in grado di sostenere il prossimo.

La Sinpia – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, esprime profonda preoccupazione per gli effetti della guerra in Ucraina sulla salute fisica, mentale e sociale dei soggetti più fragili come sono i bambini e gli adolescenti. E’ infatti raddoppiato il numero dei bambini con bisogno di supporto specialistico, e con un aumento di rabbia, noia, difficoltà di concentrazione, senso di solitudine e di impotenza, stress, disturbi del sonno.

Un altro problema che dovremo affrontare sarà quello relativo con all’aumento dell’arrivo di bambini profughi e/o orfani provenienti dalle zone coinvolte nel conflitto. Si tratta di bambini traumatizzati cui è stato negato il futuro e che rischiano di essere ulteriormente traumatizzati da sistemi di accoglienza inadatti. Bambini che incontreranno altri bambini, i nostri figli, che pure si interrogheranno sul perché di questa tragedia e su come saremo capaci di dare risposte. A tutti dovremo pensare e a tutti dovremo insegnare come vivere in pace.


Farmaci e droghe

Invisibili o quasi. All’apparenza innocue, a portata di mano nei cassetti e negli scaffali di casa: sono le nuove droghe dei giovani. O più precisamente, i farmaci trasformati in droghe. Ansiolitici, antidepressivi, sonniferi, ma perfino antinfiammatori e farmaci oppioidi, impiegati soprattutto nel trattamento del dolore ma sfruttati come stupefacenti per un loro effetto frequente ed importante: la capacità di indurre euforia e rilassare. Questi farmaci vengono mischiati con alcol e cannabis e assunti negli assortimenti più svariati e con la fluidità con cui si amalgama la musica remixata dai dj. Benzodiazepine, codeina, prometazina, sono dei principi attivi, delle sostanze da usare in caso di bisogno e sotto prescrizione medica. Ma oggi a conoscere questi termini non sono solo i dottori o gli esperti, ma anche molti giovani, anzi giovanissimi.

Sui profili Instagram di qualche adolescente si trovano foto di farmaci: sciroppi alla codeina, Xanax, OxyContin, una medicina con una storia nera: oppioide, «parente» della morfina, utilizzato per la terapia del dolore. Negli Stati Uniti è arrivato sul mercato nel 1995 ed è stato pompato dai produttori come antidolorifico «comune». Per molti malati, è stato un sollievo. Ma dal 1999, 200 mila americani sono morti per overdose da OxyContin e farmaci simili. Quattro eroinomani su 5 hanno iniziato la loro storia di dipendenza da antidolorifici di quel genere. E gli Stati Uniti, oggi, stanno affrontando la più drammatica e devastante epidemia di eroina nella storia del mondo occidentale. Ecco perché trovare scatole di OxyContin nella stanza di un ragazzino è il sintomo di un abuso sommerso, di un rischio per il futuro.

Uno sballo agevolato anche dalla facilità con cui si acquista online, per esempio da un sito immobiliare di Teheran in persiano che, con il clic giusto, si trasforma in catalogo inglese di qualunque droga da comprare per poi ricevere il ‘prodotto’ sul divano di casa. Mai come oggi chi abusa di sostanze psicotrope ha problemi sistemici, sviluppa malattie mentali, con il cervello colabrodo. Se il boom di eroina negli anni ‘70 portò alla devastazione del tessuto sociale e allo sviluppo di macrocriminalità (gang di spacciatori) e microcriminalità (eroinomani alla ricerca perenne dei soldi per farsi una pera), l’invasione delle nuove droghe ha fatto molti più danni della regina della droga quanto a malattie psichiatriche. Anche per questo motivo si tratta di un fenomeno da arginare velocemente.